421. Colletet. Sezione I.

8 Nov

DISCORSO DEL SONETTO.

 

SEZ. I. DEL NOME DEL SONETTO.

 

Dopo aver pubblicato un Trattato abbastanza esteso sull’Epigramma nel mio Libro degli Epigrammi Francesi, sembra che l’ordine dei Componimenti di cui ho cominciato a parlare esiga che io mi ingegni a dare un Trattato del Sonetto, come quello che più s’avvicina all’Epigramma; essendo il Sonetto, secondo quanto taluni pensano, nient’altro che un Epigramma con un numero obbligato di Versi. Così i più eleganti Autori Latini parlando dei nostri Sonetti Francesi di solito non li chiamano altrimenti che col semplice nome di Epigrammi, Epigrammata. Così il dotto Giulio Scaligero parlando dei Sonetti amorosi del Petrarca per la sua amabile Laura li chiama Epigrammata amatoria. Così il sapiente e raffinato Nicola Heinsio, ringraziandomi per un Sonetto con cui avevo ripagato una delle sue belle Elegie: Epigrammate, dice, quo me ornasti nihil fingi potest venustius, “non si può immaginare nulla di più dilettevole dell’Epigramma con cui mi avete onorato”. Infine il famoso Lope de Vega, all’inizio della sua Arcadia Spagnola, dà il titolo di semplice Epigramma al Sonetto di Selvaggio sulle lacrime di Bersabea. È solo quell’antico ed eccellente Poeta Italiano, il famoso Dante, nella sua dissertazione Latina dell’Eloquenza volgare, ad impiegare altra parola che Epigramma per designare il Sonetto, poiché lo chiama Sonitum, e al nominativo plurale Sonitus. Per riportare l’intero passaggio, dato che il Libro è piuttosto raro: Quidam, dice, per cantiones, quidam per Ballatas, quidam per Sonitus, quidam per alios irregolares modos, etc. E, poco più sotto: Modo Ballatarum; e: Sonituum omittentes. Claude du Verdier, nella sua Censura Latina, chiama il Sonetto con un nome nuovissimo: Sonitium; infatti, parlando di Ronsard e dei suoi Sonetti ne parla in questi termini: Is Francisco Petrarcha iin condendis Sonitiis, sic enim cum venia loquar, excelluit. Infine Ugon Grozio sapiente Olandese lo chiama Sonulum, come mostrerò poco più sotto col testo letterale.

Ma benché i Latini, e anche alcuni altri, gli diano di solito il semplice nome di Epigramma sulla base del rapporto che sembra avere con esso; benché i nostri Dizionarî comuni chiamino il Sonetto una forma di Epigramma in lingua volgare; benché l’Autore della Storia d’Italia parlando dei Libri preziosi che si trovano nella Biblioteca del Vaticano, dica in termini espressi che vi si vedono gli Epigrammi del Petrarca scritti di sua propria mano, e con questo “Epigrammi” intende designare tutti quei Sonetti d’amore il cui pregio e la cui novità tanta fama gli diedero nel mondo; e, infine, benché uno dei nostri vecchî Autori abbia detto che la materia del Sonetto, e la materia dell’Epigramma sono tutt’uno; sta di fatto che agli Spiriti scrimitosi il Sonetto ha non so che di più serio, di più grave, e di più elevato dell’Epigramma, il quale accoglie ogni genere di argomento, eroico e popolare, serio e giocoso. E questo popolare e giocoso ripugna alla gravità del Sonetto quanto una Mattacinata ripugna alla severità di un Magistrato, o di un sacro Ministro. Non che, dato che il tempo fa decadere tutte le cose, non lo si sia impiegato talora per altre materie, e che quel vivace1 ritratto delle belle passioni amorose, e delle nobili lodi degli Eroi, non abbia iniquamente ospitato basse buffonerie, e nere invettive; che non sia stato anche lo specchio dei vizî e delle deformità, delle Faustine e dei Laî del nostro secolo; lui, che era destinato solo a lodare la virtù e la bellezza delle Laure, delle Cassandre, delle Elene, e delle Cleonici. Ma posso dire che in questo la sua purezza è stata vilmente violata, il suo primitivo impiego è stato corrotto, e il suo proprio e legittimo carattere è stato poco conosciuto. Così spero che ormai i grandi Maestri dell’Arte lo richiamino col loro esempio alle sue funzioni usuali, e che non lo si prostituisca più a materie basse e indegne di lui.

1Qui il testo ha vil, che credo sia refuso per vif, altrimenti non si spiega.

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