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377. Mannaggia.

16 Ott

Su segnalazione di alcor, che mi ha detto dell’articolo di sfogo di Saviano su La Repubblica, sono andato a leggermi quest’articolo del Messaggero, e questo del Corriere, di due giorni fa. Si dà il caso che il capo della squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani, abbia detto che secondo i dati in suo possesso a Saviano non doveva essere data nessuna scorta. Di più: era stato sempre lui, 3 anni fa, a valutare il caso, per quanto gli competeva dato che poi è prevalso il parere di altri, e anche in quella circostanza aveva detto che non era il caso di dare la scorta a Saviano.

Il 13 ottobre 2006 Saviano ha comunque avuto la scorta. Il 15 ottobre persino Umberto Eco lo avrebbe messo sullo stesso piano di Falcone e Borsellino.

Il 28 maggio 2008 la Repubblica annunciava che Saviano, sempre sotto scorta, stava cercando casa, a Napoli, e che faticava a trovarla. Qui ho cominciato a capirci poco; perché Saviano era sempre sotto scorta. Ma le minacce, che nessuno ha mai riportato testualmente, sono partite da boss malavitosi, di nome Schiavone, Jovine, Zagaria, camorristi attivi nelle zone di Casal del Principe, di Secondigliano, di Scampia; le quali si trovano in provincia di Napoli. Se Saviano è minacciato a Napoli, tanto che deve vivere sotto scorta anche quando non si trova a Napoli, per quale motivo cerca casa a Napoli?

Passa ancòra un anno, e Saviano ha ancòra la scorta: secondo chi gliel’assegnò è ancòra in pericolo. In compenso si sa che vive a Napoli – dunque casa, alla fine, l’ha trovata. Ma quello che non capisco è come mai si trovi ancòra lì, e come mai non ne sia stato in qualche modo dissuaso, dal momento che è vero che in epoca di globalizzazione, come ha detto Eco, l’assassino potrebbe venire da qualunque parte, ma a Napoli sicuramente il pericolo è maggiore.

In compenso, salta fuori questo signore, che è il giovanissimo capo della mobile di Napoli, di cui si precisa però che è persona estremamente capace e di molto merito, la quale ribadisce che a rigori la scorta a Saviano non ci spettasse, in specie se si considera che c’è gente che s’è ritrovata contro dimostratamente la camorra e che la scorta non l’ha, e la meriterebbe, e magari ci rimane secca, pure, perché non è protetta.

Oggi come oggi io credo, sinceramente, che Saviano potrebbe correre pericoli: se non li ha mai corsi nel passato, da quando è sotto scorta, quantomeno, potrebbe cadere vittima del primo esaltato che passa: la camorra è informe e lasca, qualunque ragazzino deficiente potrebbe ritenersi titolato a farlo, e mettere in atto la fatwa di cui s’è tanto parlato. Oppure potrebbe anche essere che la camorra non ci tenga ad avere Saviano sulla coscienza, con la sua sovraesposizione (quella di Saviano) torcergli anche un capello sarebbe controproducente, come si fa a sapere?

Comunque è sempre meglio, piuttosto che l’ammazzino, tenerlo sotto scorta, ormai, e anche dire che il ragazzo è come Falcone, Borsellino e Siani e quant’altri. In fondo non ci sono solo le scorte negate ad altri minacciati dalla camorra, ci sono anche l’onestuomo e la brava donna a cui Brunetta e la Santanché stanno impedendo di proteggersi a dovere, per esempio: Saviano, dico sul serio, non ha proprio nessuna colpa. Non ce l’ha perché non è stato libero, sin dal primo momento, di decidere di niente della sua vita. L’unica cosa che ho pensato tre anni fa, e ricomincio a pensarla proprio adesso, è che sia rimasto vittima di un’operazione di marketing particolarmente violenta e invasiva, di cui ha pagato a carissimo prezzo tutte le conseguenze. Il padrone della sua casa editrice si chiama Berlusconi, e un po’ lo ricorda, Saviano, quando esprime amarezza in questi termini:

Dopo le dichiarazioni del capo della mobile di Napoli che gettano discredito sul loro sacrificio, che mettono in dubbio le indagini della Dda di Napoli e dei Carabinieri, la sensazione che nella lotta ai clan si sia prodotta una frattura è forte.

Non credo sia salutare spaccare in due o in più parti un fronte che dovrebbe mostrarsi, e soprattutto sentirsi, coeso. Società civile, forze dell’ordine, magistratura. Ognuno con i suoi ruoli e compiti. Ma uniti. Purtroppo riscontro che non è così.

Ma qualcuno mi dice che ci fa, a Napoli?

201. E’ quello che mi chiedo anch’io.

23 Set

E io mi chiedo: nella vostra terra, nella nostra terra sono ormai mesi e mesi che un manipolo di killer si aggira indisturbato massacrando soprattutto persone innocenti. Cinque, sei persone, sempre le stesse. Com’è possibile?

Roberto Saviano, Lettera alla mia terra, 22/09/08

80. Udir critico mostro, oh meraviglia (e 3).

20 Mar

Mi pare che nel frattempo vi siate portati bene assai, ed è per questo che, come promesso, raccolgo da ecletticae un’altra perla, e ve la dono, da incastonarvi in quel servizio.

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Sapevate che Saviano è veramente strabico? Sapevate che Saviano si rifà a Dante, pure lui?! Sapevate che Saviano ci vuole infettare? Sapevate che Gomorra procede par exempla, letteralmente?

Sapevate che Primo Levi si rifà a Le mie prigioni? Sapevate che il Pellico fu prigioniero allo Spielperg?

Sapevate che al mondo c’è chi si può porre interrogativi pregnanti come quello che segue, ossia (con licenza copincollando): “Alcune parti del romanzo erano apparse su “Nazione indiana” e sarebbe interessante sapere se quegli articoli sono poi stati recuperati per scrivere il libro oppure se Saviano, mentre stava scrivendo “Gomorra”, andava pubblicando alcune parti del romanzo sul web, ossia se questa è una scrittura nata per il web o il web è stata la prima vetrina del romanzo“?

Lo sapevate che il web richiede una scrittura liquida (ma sicuramente non è nella scrittura da web della Ravetta che Bart ha trovato ispirazione, a giudicare dalla consistenza)? Che la scrittura deve alzare il tono per colpire e scandalizzare l’internauta che è sommerso dalla massa del materiale del web?

Lo sapevate che la colpa dei mortammazzati a pistolettate in piena Napoli non è d”o Sistema, ma TUTTA VOSTRA?! Bastardi!!!

SAPEVATELO

SU RAVETTESCIONAL CIANNEL!

5. Rimorso.

31 Ott

5. Confesso il mio rimorso, per il pezzo che ho scritto su Saviano due posts fa. Cioè, mi rimorde il fatto di averlo fatto passare, eventualmente, per un dappoco. Il fatto è che Saviano non è un grand’uomo (o non ancora: niente esclude che possa diventarlo, e io non ho nulla in contrario che lui lo diventi — ma non m’interessa molto), ma nemmeno è un pirla. Il suo libro non è brutto come moltissima roba che circola attualmente, e che io sfoglio distratto alla Mondadori o alla Fnac. Soprattutto è lodevole il suo volersi misurare con tematiche importanti e difficili. E anche quello retorico è un impegno. Quindi confermo sostanzialmente quello che ho detto, ma non voglio veicolare alcun’idea sbagliata di Saviano, che sa comunque tenere la penna in mano e in alternativa ammaccare i tasti della tastiera. Credo che abbia dimostrato impegno, ma credo anche che abbia trascurato completamente altri versanti. In questi giorni si discute molto se militarizzare Napoli per via dei fatti di camorra, e tutti i maestri di color che sanno, a partire da R. R. Jervolino ad A. Bassolino al rettore della “Federico II” in giù, dicono che non solo l’idea di militarizzare Napoli è veramente rivoltante, ma è anche perfettamente inutile, perché la camorra attualmente è una holding (ed è un concetto che si trova ribadito anche nel romanzo di Saviano — io lo chiamo romanzo, voi fate quello che vi pare), e se è verissimo che c’è una situazione di emergenza non si tratta dell’emergenza giusta perché si consideri seriamente l’opportunità di far venire l’esercito a Napoli. Speriamo, appunto, che l’esercito se ne stia per i cazzi suoi, a Napoli come in altre città.

Ma anche questa difficoltà a far capire quello che in realtà con un minimo di attenzione i non-napoletani, che dovrebbero comunque, come italiani, avere pressoché spontaneamente un occhio di riguardo a quello che succede in quella città, e non l’hanno, ha da fare con una cosa molto importante. Napoli è una città che ha un’immagine forte, in Italia e all’estero; un’immagine non in tutto lusinghiera, ma un’immagine forte. Risulta quindi abbastanza difficile accettare l’idea che Napoli abbia anche un grosso problema d’immagine: condizione che con l’immagine forte parrebbe una contraddizione in termini. Invece no, e me ne accorgo leggendo anche Saviano, ultimo di una nutritissima schiera di scrittori grandi e piccoli, bravi e men bravi: Napoli ha grossi problemi a raccontare la sua borghesia e ha grossi problemi a raccontare la sua realtà urbana. I luoghi di Gomorra, tralasciando che i fatti sono tutti di sangue, &c. (si parla di camorra, giustamente, ed è giusto farlo e spero che si continuerà a farlo finché esisterà camorra) non sono quasi mai la città di Napoli, ma la sua provincia la fascia di paeselli frazioni di Aversa, Casal di Principe, Scampia, Secondigliano, la prov. di Caserta &c. Esattamente come diversi secoli fa, quando la letteratura in lingua napolitana era tutta dedicata alla plebe (il motivo per cui l’ab. Galiani stroncò con tanta ferocia il Basile), ed esattamente come un minor numero di secoli fa, quando tutta la narrativa napolitana era dedicata ai bassi, ai miserabili, alla malavita — ossia ai margini. Margini sociali, geografici, linguistici, e quant’altro.

Sembra che la letteratura napolitana faccia una fatica immensa a centrare, proprio, la realtà napolitana. Cosa che è riuscita a Giuseppe Montesano nei suoi tre romanzi, che ho letto e ho pure riletto — non sono solo bellissimi, ma riguardano proprio Napoli, e non i margini di Napoli. Che poi i margini di Napoli non possano mancare da una rappresentazione esaustiva di Napoli è un fatto, ed è un altro pajo di maniche. Ma dev’essere questo il motivo per cui quando la narrativa napolitana ha cercato di impossessarsi di uno dei momenti salienti della storia cittadina e non solo come il ’99 ne siano uscite cose al disotto della mediocrità (come il romanzo di Striano dedicato alla Pimentel), proprio perché si trattava di descrivere quell’incredibile comunità di “pitagorici” che, di fatto, formavano non certo una cosca o una corte dei miracoli, ma un’aristocrazia intellettuale. Non mi pongo come ‘idealista’ versus i ‘veristi’ (fossi scemo — ossia, sono, ma non così tanto!), dico solo che alla letteratura napolitana manca una parte essenziale. O forse c’è, ma non perviene.

Sono cose su cui tornerò per forza. Ora che il pezzo è stato messo proditoriamente sul Parnaso Ambulante (www.ilparnasoambulante.splinder.com) credo sia mio dovere, quantomeno, terminare il libro e dirne qualcosa di più organico, o correggere un po’ — fatte salve queste riserve.