A ROMA SEPOLTA SOTTO LE PROPRIE ROVINE. In Roma cerchi Roma, oh pellegrino, Né di Roma hai tu in Roma le avvisaglie: Cadaveri son quante alzò muraglie, E tomba a sé trovato ha in Aventino. Giace, dove regnava, il Palatino; E, limate dal tempo, le medaglie Più appajono evizioni alle battaglie Del tempo, che blasone del Latino. Solo il Tebro restò, la cui corrente, Se l’irrigò città, ora sepoltura La piange in suono funebre e dolente. Roma, di bello & grande in tua fattura Scorse quant’era fermo, e solamente Quello che scorre t’è rimasto, e dura!
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ALLA STESSA STATUA. Bronzeo più della bronzea tua figura È chi ti vede, e che non piange allora; Quando già il sentimento che t’adora Fuse metalli a darti forma dura. Vuol col ferro la tua cavalcatura Premer liquide strade, che l’Aurora Profuma andando, per cui apre Flora Varia e feconda ognuna sua fattura. Dura vita con mano lusinghiera Diede in Firenze artiere a te ingegnoso, Sicché regni e in superna e in mortal sfera. Questo ch’imita te bronzo è virtuoso; Quale sarebbe al fato gloria altèra Se in anni lo imitassi numeroso!
Francisco de Quevedo, Il Parnaso spagnolo, monte in due cime distinto, con le Nove muse castigliane. Clio, musa prima. Canta poesie eroiche, vale a dire elogj e memorie di principi e uomini illustri. ALLA STATUA DI BRONZO DEL RE DON FILIPPO III. Oh quanta maestà! Oh quanto il nume Proprio al terzo Filippo, invitto & santo, Arriva il bronzo ad imitare! Oh quanto Del raggio suo quest’apparenza assume! Non smorzi il tempo, ma rispetti il lume D’un volto il quale amore al pari, e pianto, Destò, nemico e amico, altrui, fintanto Ch’estese del suo essere il volume. Osò imitar l’artefice toscano Uno che dio imitato ha in tal maniera Che tanto santo quanto re è sovrano. Cólla riproduzione veritiera S’erge il bronzo in reliquia, e questo piano Col lampo maestoso illustra altèra.
397. Dalla Clio di Quevedo II.
19 OttALLA STESSA STATUA. Bronzeo più della bronzea tua figura È chi ti vede, e che non piange allora; Quando già il sentimento che t’adora Fuse metalli a darti forma dura. Vuol col ferro la tua cavalcatura Premer liquide strade, che l’Aurora Profuma andando, per cui apre Flora Varia e feconda ognuna sua fattura. Dura vita con mano lusinghiera Diede in Firenze artiere a te ingegnoso, Sicché regni e in superna e in mortal sfera. Questo ch’imita te bronzo è virtuoso; Quale sarebbe al fato gloria altèra Se in anni lo imitassi numeroso!
396. Dalla Clio di Quevedo I.
19 OttFrancisco de Quevedo, Il Parnaso spagnolo, monte in due cime distinto, con le Nove muse castigliane. Clio, musa prima. Canta poesie eroiche, vale a dire elogj e memorie di principi e uomini illustri. ALLA STATUA DI BRONZO DEL RE DON FILIPPO III. Oh quanta maestà! Oh quanto il nume Proprio al terzo Filippo, invitto & santo, Arriva il bronzo ad imitare! Oh quanto Del raggio suo quest’apparenza assume! Non smorzi il tempo, ma rispetti il lume D’un volto il quale amore al pari, e pianto, Destò, nemico e amico, altrui, fintanto Ch’estese del suo essere il volume. Osò imitar l’artefice toscano Uno che dio imitato ha in tal maniera Che tanto santo quanto re è sovrano. Cólla riproduzione veritiera S’erge il bronzo in reliquia, e questo piano Col lampo maestoso illustra altèra.
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