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407. Jeri scrivevo (e dimenticavo di postare)

29 Ott

Sospettavo la tbc, mentre il dottore, che finalmente ho consultato oggi, sospetta la suina. Ma è ancóra prematuro stabilirlo: devo prima prendere due medicine, che sono il nimesulide e il ciproxin, che mi permettano di buttar giù la febbre e farmi passare i dolori alle ossa. Ho dolori a tutte le ossa, ciò che mi consente di dire che sì, è vero, il corpo umano contiene non meno di 3892 ossa. Almeno il mio corpo umano. Però devo aspettare a domani a prendere le medicine, perché non ho i soldi, ma consola un poco l’idea che un certo numero di ore che mi separano da oggi a domani lo passerò dormendo, e dunque in stato d’incoscienza; risvegliandomi fradicio di sudore, certo, e con la testa come un cestone, scosso dal parletico, con gli occhî che lacrimano e sparando cazzate ogni volta che apro bocca, ma vivo, perdio, & avviato ad una felice guarigione. Anche se un po’ mi dispiace dover deporre i miei propositi omicidi: sarebbe stata l’unica cosa in grado di dare un minimo di spessore a quest’esistenza da bestia.

 

Rimarrò quattro giorni in osservazione, dopodiché si vedrà se le medicine hanno fatto il loro effetto: se non avranno fatto effetto, spero almeno che avranno contribuito ad abbattere la febbre, rimettendomi nelle condizioni di lucidità indispensabile a continuare la mia opera di delazione e sputtanamento a mezzo blog, la quale dovrebbe continuare alacre, se si trattasse di malattia che non perdona, fino alla mia dipartita. Dipartire passi, ma non con questi pesi sullo stomaco!

263. E mo?

12 Giu

Non ho mai avuto un passaporto, prima.

Sono stato in p.zza Cesare Augusto, in Questura, Ufficio Passaporti; c’era anche, volendo, una fila della madonna, ma non era cosa che – ancòra – mi riguardasse, poiché sul modulo che il poliziotto mi ha dato da compilare c’è scritto che devo presentare:

  • Il modulo stesso, compilato in (quasi) ogni sua parte
  • Fototessera 2 di dimensioni, &c., sfondo chiaro, &c., distanza dagli occhj, naso, palpebre & sopracciglia &c. mm. tot &c. &c.
  • Fotocopia del Documento d’identità
  • Marca concessioni governative euri 40, 29
  • Versamento su cc postale di euri 44, 66 per costo libretto da 32 pagine (quelli da 48 o quello che  sono li hanno esauriti, arriveranno a fine giugno – ma me ne fregasse qualcosa).

A parte il fatto che versamento e acquisto della marca erano impensabili prima della chiusura (ore 13.00), e che domani ovviamente tutto è chiuso, per cui tornerò con comodo lunedì, la cosa meno sopportabile è che dal momento della presentazione della domanda si deve cominciare a fare una sola cosa: aspettare.

Tutto è relativo, ovviamente, a partire dal concetto di poco e di molto. Nel mio caso la bellezza (bellezza?) di venticinque giorni, esatti, è una cifra di giorni canonica, prestabilita, una specie di temporizzazione della consegna del passaporto, pochi non sembrano. Specialmente perché lunedì, che è il 15, non pensavo di passare per uno squallido ufficio passaporti a consegnare moduli e bollettini e marche concessioni governative. Pensavo di mettermi in cammino.

Quando il passaporto sarà a disposizione, e io sono convinto, intimamente, nella fibra, che mi sia nientemeno che indispensabile – non voglio assolutamente partire senza, poni il caso mi venga voglia di deviare verso Oriente, o di andarmene affanculo da qualche parte in Africa; nel caso, partendo senza, dovrei fare una cosa orribile, ossia tornare, e presentare richiesta; dopodiché non sarebbe una cosa che risolvi una botta e via, sarebbero sempre, appunto, venticinque giorni -, sarà luglio.

Non mi sembra umano.

Ho tre giorni per pensarci. Sono 85 euri di spesa; & 25 giorni di attesa. Devo decidere.

258. La funzione di questo blog.

6 Giu

Se c’è una cosa altamente positiva (ma anche altamente negativa: dipende da quello che scopri) di un blog wordpress, è che appena accedi, come autore, alla board, vieni a sapere immediatamente non solo tutto quello che vi succede, che è scontato; ma, grazie alle statistiche in bell’evidenza, anche l’esatto perché delle visite al blog stesso – mica è la stessa cosa!

Vale a dire che ho scoperto che il motivo che può spingere i lettori qui sopra possono essere diversissimi da quelli che ho io a scrivere. Tutti i bloggeurs hanno esperito come effettivamente una fetta dei proprj visitatori debbano la loro venuta alle ricerche più strampalate tramite motori di ricerca, e come due o tre parole-chiave, che possono portare su siti dei tipi più disparati, parole che il bloggeur non ricordava nemmeno di aver scritto, possano portare persone dagli interessi del tutto esorbitanti a queste serendipità. Succede anche coi testi copincollati, specialmente quelli che contengono idiozie sesquipedali, o dal fascino singolarmente trash per la volgarità devastante (il copincolla incoraggia questi trasferimenti in blocco senza richiedere sacrificio alla schifiltà del bloggeur più scrimitoso: altro sarebbe dover copiare, fisicamente, ogni cosa: ci sarebbe automaticamente una scelta), poniamo gl’interventi più deliranti su fora molto popolari, o la pornografia casereccia di certi siti a bassissima soglia. Alcuni di questi ricercatori – che uno s’immagina necessariamente come adolescenti soli, ninfomani sboccate, satiriaci impotenti, chissà perché, mentre magari non c’è niente di più distante dalla realtà – si affezionano a certe ricerche, o ne sono addirittura ossessionati, come succede a me con lo sconosciuto compulsivo che cerca sempre nonna bocchinara e a letto con la zia (il primo ha fatto lievitare le visite a quei post che hanno in scolio l’autobiografia di Luca Bersi, i secondi lo sparutissimo articolo con la citazione dal sequel de La zia Mame, tanto per dire quanto c’entrino).

Però questi sono casi diversi da quello che, con un po’ di perplessità, ho esperito anch’io. Questo blog non è stato aggiornato continuamente, e ci sono anche parecchj buchi temporali, settimane e forse mesi in cui non ho scritto niente; però il trend rimane, sia pure in maniera abbastanza velata, visibile: si parla di letteratura, ci sono sonetti, riferimenti abbastanza fitti al Barocco (su cui sono stranamente pudico, lo dico retrospettivamente, nel senso che non me l’aspettavo), al melodramma, &c.; e poi ci sono i riferimenti, più o meno scarni, alla mia situazione vagamente stradajola e gli sfoghi estemporanei; e alcune altre cose che riflettono quello a cui penso, almeno quando scrivo, la maggior parte del tempo. Però ho anche fatto riferimento a cose e persone – soprattutto a queste ultime mi riferisco – che non fanno parte del mio universo di significato, e che ho voluto incontrare, o rievocare sulla base di ricordi, consapevole di portarmi dietro un bagaglio di vissuto e convinzioni non necessariamente compatibile – ma, mi sono detto, come ho potuto vagamente interessarmi di altre realtà che non quelle mie più congeniali, così posso anche scriverne.

L’aspetto paradossale è quello denunciato dalla top list, vale a dire quella statistica generale che riflette l’andamento di tutti i 258 post scritti finora; nemmeno uno contenente miei versi o una mia lettura ‘alta’ vi è compresa. Al primo posto c’è Sonia Cassiani, dopo che per mesi era stata seconda, di cui ricordavo le imprese al Maurizio Costanzo Show; al secondo Giuditta Russo, che venne qui, anche, a commentare, e accolse con molta gentilezza le mie critiche al suo lavoro, che secondo me rifletteva una situazione esistenzialmente e psicologicamente comunque non stabile; al terzo c’è un post in cui ci sono le parole-chiave di una settimana di tempo fa, alcune delle quali parole erano continuamente ricercate prima, e continuano ad essere ricercate adesso, tanto da dare l’impressione di parole-chiave che cerchino sé stesse; una mia filza di quartine, è vero, occupa il quarto posto, ma stando a quello che mi dicono le parole-chiave, e anche la cascata dei commenti, dipende solamente dalla polemica ospitata sotto esse quartine, non alle quartine stesse. &c.

Questo leggo sulla dashboard:

Post più letti

44. Sonia Cassiani. 2,338 visite

 

19. Giuditta Russo. 1,698 visite

127. Search Terms for 7 days ending 2007-06-13 945 visite

10. Freddo cane. 897 visite

141. Dispersione. 834 visite

138. Giuditta Russo e i libri de ’sta cippa. 753 visite

6. Scrivere, &c. 681 visite

177. Per Irina Marina (e le altre). 560 visite

Più ricercati

giuditta russo,  {searchterms},  anfiosso,  sonia cassiani che fine ha fatto,  anfiosso blog

Più attivi

254. Stati generali. 43 visite

256. 15 giugno. 36 visite

127. Search Terms for 7 days ending 2007-06-13 32 visite

19. Giuditta Russo. 21 visite

138. Giuditta Russo e i libri de ’sta cippa. 20 visite

E’ lecito, da parte mia, chiedermi, in base a questi dati, a che cosa sia servito questo blog?

Da una parte i visitatori che mi conoscevano da prima, e che qualche volta hanno commentato, chessò, alcor, isakisisos, ven, ziacap, opi, francesco, hanno continuato, almeno stando ai commenti, ad interessarsi alle cose mie più personali; altri, visitatori occasionali, hanno tenuto a farmi sapere quanto mi disprezzano, magari senza più manifestarsi; ma esiste tutta un’altra fetta di pubblico, che con ogni evidenza è prevalente, che qui viene a leggere tutt’altro, e ha portato i margini del mio blog al centro – di che non lo so: della propria attenzione sicuramente; ma soprattutto della mia.

Che poi quest’attenzione, che non so donde nasca e che non condivido nell’intensità, non significa affatto attenzione di lettore: ho ricevuto anche la mail di uno che diceva di essere un giornalista, di aver visto che avevo intervistato (sic!) la Cassiani, e se avevo ancòra il suo numero di telefono.

Chiaramente non era successo nulla di tutto questo, io la Cassiani non ho mai avuto modo d’incontrarla, men che meno d’intervistarla o di averne il numero di telefono. Poteva essere un giretto ispettivo, come il tentativo di eliminare un sospetto, come uno scherzo: non so nulla.

Anche se di recente m’è parso di scoprirmi dentro una vena intervistajuola; tant’è che Remo Bassini, senza che nemmeno avessi osato proporglielo (avevo confessato una velleità), mi ha dato la sua disponibilità per essere vittimizzato da una sequela di mie domande [alle quali sto effettivamente pensando]).

La mia top list ha profeticamente anticipato, forse, una tendenza che prima o poi si sarebbe manifestata in me: quella di una specie di marzullo autogestito. Rimane, anche, il fatto che Sonia Cassiani e Giuditta Russo sono le colonne portanti, che io lo voglia o no, di questo blog. Io ho continuato a scrivere ottave e resoconti di lettura, mie riflessioni sulle notti di Torino e invettive contro gli operatori. Loro, manco fosse Tv sorrisi, hanno continuato a rileggere i tre articoletti riguardanti queste eterodosse gentildonne.

E’ come scoprire di aver sempre voluto, in realtà, tutt’altro rispetto a quello che si credeva; come Riccardo Greenhow (ma io l’avevo messo, ricordo bene, tra i miei musi ispiratori; insieme alle sorelle Maddox, cui credevo di assomigliare maggiormente), che di giorno pensava a cose alte, e scriveva romanzi rosa in stato di sonnambulismo.

A questo punto, perché non portare tutto alla luce del sole?

Adunque: essendomi scoperto piccolo intervistatore; essendomi già visto attribuire un’intervista da un visitatore, per quanto sia successo solo una volta, e sia stata un’esperienza fuggevole; dovendo probabilmente crearmi un parco-intervistati di qualche spessore, per non lasciare il povero Bassini da solo; dovendo trovarmi pure qualcosa da fare, oltre alle 375837252187 che già ci sono, la settimana prossima, perché non propormi in questa inedita (o quasi: ci sono due cosucce mie in questo senso, in rete, a quella scellerata di Gianni Papa e ad uno scrittore di cui non ricordo nemmeno più il nome – l’idea era sempre di papa) veste?

Qualcuno vuol farsi intervistare?

Chi vuole aderire accj un grido, alzi il medio, mostri dove il nonno portava l’ombrello – insomma, faccia sapere.

250. E’ tardi!!!

19 Mag

Mi dispiace, soprattutto per la buca data a ven, che mi aveva invitato alla Fiera del libro: ma proprio non ce la faccio. Sarà una questione simbolica, sarà che proprio certe cose sono scivolate, molto semplicemente, fuori dalla mia vita, senza che necessariamente possa dirne il motivo, ma nemmeno quest’anno ci andrò. In questi giorni a Torino ci sono stati il Gay Pride, le sentite manifestazioni degli operaj Fiat a Mirafiori, il corteo degli anarchici, che si è attendato lungo il Po, dirimpetto ai Muri, e che jer mattina ha avuto qualche scontro con la polizia – devo ancòra leggerne sui giornali. Ho tratto, da tutto questo fermento, solo un’impressione generale e generica di sottotono, o perché sono disattento, e in fondo sarebbe anche logico essendo tutte tematiche da me distantissime, o perché Torino riesce ad ovattare, neutralizzando, tutto, o perché – e rimane la cosa più verosimile – non ho visto abbastanza di nulla. 

Sta di fatto che nemmeno quest’anno andrò alla Fiera del libro, come dicevo. Della quale Fiera, però, ho letto qualcosa sui giornali che ho sfogliato velocemente in biblioteca – una cosa che non faccio quasi mai -, per trovarvi l’ennesima conferma del fatto che gli eventi sono sempre destinati a superarmi. Sul Corsera di sabato 16/05, p. 20, “Cronache”, si dava conto della lite, scatenata a Genova da tal Nicola Abbundo, Consigliere regionale della Liguria, e da un Michele Scandroglio, Coordinatore regionale del Pdl, che richiedevano l’intervento della [con licenza parlando] Carfagna (sic!) e del Questore su un’iniziativa del Pride cittadino presso la biblioteca comunale “De Amicis”: si chiamava, l’iniziativa, “Due regine, due re”, e il suo scopo era far scrivere ai bambini favole gay di lieto fine. La finalità, secondo Lilia Mulas del GP era quella di far “comprendere la diversità senza drammi”, e non quella di “orientare sessualmente i bambini” – cosa meno agevole di quanto evidentemente paja a questi Abbundo & Scandroglio, specialmente attraverso la scrittura di favole. Per quanto sappiamo quale importanza abbia la narrazione nella creazione di categorie mentali. Sicché suppongo che tale esercizio potesse risultare utile in specialissimo modo ai bambini omosessuali – ho le idee molto chiare in merito, perché, appunto, è da un po’ che ci penso. Come se non bastasse, sulla Stampa in egual data si dava conto, p. 72, del libro scritto da Vladimir Luxuria, nell’art. “Le favole di Luxuria. Pienone ieri pomeriggio per il libro di Vladimir”. La rima interna m’è parsa vagamente sinistra (parlo rigorosamente pro domo mea), ma ho voluto léggere prima di correre immediatamente alle conclusioni. Per avere conferma che un libro di favole omosessuali esplicitamente rivolto ai giovanissimi: il libro del Luxuria s’intitola infatti Le favole non dette, nate da un’idea, e da una proposta, di Elisabetta Sgarbi, che gli/le aveva chiesto “un racconto che aprisse al tema dei transgender”; precisa Luxuria di aver pensato “soprattutto ai più giovani”.

M’è dispiaciuto, perché sono anni che accarezzo, del tutto sterilmente, l’idea di un Fiabe, apologhi e letture per bambini omosessuali, che avrebbe alternato, nello stile di Scappa, scappa, galantuomo e del Libro dei bambini terribili per adulti masochisti, brani di libri già scritti, curiosità storiche, versi e teatro, nonché racconti-apologo di macchinosi innamoramenti infantili & heroiche vendette; avevo già mentalmente pianificato un Vermandois, che mi avrebbe permesso di intrecciare la storia funesta dello sventurato figliuolo di Luigi XIV con quella della Palatine grande sodomitologa, dell’abbé de Choisy il travestito e di Monsieur con tutti i suoi mignons; un tremendo racconto di una gita scolastica, durante la quale il bambino omosessuale manomette i freni del pullmann su cui viaggia la scolaresca facendolo precipitare, compreso di compagni di scuola e maestre, in un burrone, e altre cose. Un poemetto sarebbe stato dedicato ad Andrew Philip Cunanan, e non sarebbero mancati portraits en silhouette di numerosi personaggj storici, vindiciae storiche, riabilitazioni, e spigolature copiose dai più gustosi e codini testi che si sono dilungati in materia; ed un rifacimento della Guerra di Troja tutta in funzione della storia di Achille & Patroclo, magari, se la mia ambizione fosse giunta a tanto. Aggiungivi i Racconti della Manica Tagliata, rifatti alla mia foggia, o in varie fogge, e integrati di notizie storiche, & novelle; &c., &c., &c.

Non voglio dire che la cosa non possa più farsi, ma il fatto che mi si sveli così crudamente nello spirito dei tempi (ma anche la serie delle raccolte Mondadori per lesbiche, quella parallela a Man on Man, s’intitola Principesse azzurre, se è per quello), oltre a privarmi dell’eccitante prospettiva di fare il proverbiale botto, rende lo spunto un po’ più opaco persino agli occhj miei, e ne addomestica, comunque, in partenza qualunque eventuale ricezione. Lo stesso fatto che quei già condotti esperimenti siano esplicitamente rivolti ai giovanissimi, mentre la mia idea avrebbe tratto forza dal poter contrabbandarsi per una lettura infantile, senza necessariamente essere, mi sgonfia ulteriormente gli entusiasmi. Ma credo non dovermi lamentare, dal momento che con questo, molto meritamente, sconto la mia prosuntuosa accidia, la mia stolida lentezza, la mia sfiduciata smidollatezza.

245. Stronzi.

4 Mag

Io ho un problemuccio con la société. Non dico, e nemmeno presumo, di avere problemi con la société al gran completo – ci mancherebbe, non li conosco nemmeno tutti, e li leggo anche molto, molto poco -, ma almeno con uno di loro sì. Ultimamente è comparso un post, parto di uno dei più prolifici associati, vale a dire Mario Bianco, dedicato alla recente pubblicazione di un altro membro della ‘ndrangheta di S. Salvario, il cosiddetto Egi Volterrani, che nel passato, per tramite di una terza persona, del tutto innocente, ma, si vede, conoscitrice solo superficiale dell’ineffabile prefato, mi affidò un lavoro di redazione, regolarmente non pagato (mi hanno detto, anche, che per lui è una cosa del tutto normale); nella fattispecie la schifezza di cui dovetti occuparmi, facendomi un culo a paracqua per un mese, e già vi accennai tempestivamente, è stata di recente pubblicata, non per l’orrenda casa editrice del Volterrani medesimo, ma da un editore anche più oscuro, e sarà anche presentata a Torino il 12 c.m.

Posso solo sperare che la versione che ha fatto pur mo gemere i torchj non assomiglj in nulla a quella che avevo approntato io.  

Prendendo spunto dalla natura del testo, dedicato alle frattaglie, avevo detto che le uniche frattaglie che cucinerei volentieri sono quelle del Volterrani medesimo (ho usato il verbo cucinare, non mangiare); e ho aggiunto anche qualche notazione sui pregressi “rapporti” di “lavoro” – una reazione a caldo, tumultuaria anche se non, adesso, causa d’alcun particolare pentimento. Com’è logico, i due interventi sono stati cancellati, ciò che era grosso modo previsto, o comunque non è giunto imprevisto – anche se ribadisco che le uniche frattaglie delle quali mi occuperei volentieri sono quelle di quel cesso a rotaje Egi Volterrani – e aggiungiamovi anche quelle della scrittora Ulla Ahlasjerva o Alasjärvi, finlandese di nascita, italosvedese di fenotipo (ella sembra infatti il prodotto di uno sforzo congiunto della FoppaPedretti e della Ikea per produrre il comonotte più brutto della storia umana – uno sforzo coronato da un successo che non ti dico [e dire che su wikipedia la scorfana aveva avuto l’ardire di definirsi attrice e drammaturga “di alto profilo“, prima che glielo cancellassero; mentre posso assicurare che è bassa e tozza come un comodino]).

Però, dal momento che la société è per buoni tre quarti feudo personale di Mario Bianco, ciò che mi ripugna; dato che vi s’incensa un Egi Volterrani; dato che questi nomi bastano ad evocare le più sinistre associazioni con realtà squallidissime come, ad es., quel manipolo di fancazzisti come l’Agenzia per lo Sviluppo Locale di San Salvario, le due lesbicacce di Opportunanda, gli avvelenatori di V. Belfiore [nonché, ad abundantiam, una notoria zoccolaccia che abita nell’antidetta via, al n.° 17, già che ci sono], poiché non riesco a dissipare il sospetto che tutte queste realtà infami siano in realtà segretamente connesse, né mi riesce di scuotere entro me la convinzione che codesta mefitica unione esista in parte anche per congiurare ai miei danni — dato tutto questo, m’è sembrato il minimo chiedere che, almeno, il link al presente blog fosse levato: quasi fossi amico loro (voglio anche ricordare che quissopra Mario Bianco è negl’indesiderati da quant’ha).

Non sono stato accontentato; cosa che, stando all’ultimo commento che ho letto sotto la presentazione di quel coso di Rivolterrani, non stupisce solo me.

‘Mbè?

Che aspettate?

238. Passeggio.

25 Mar

    
 Non fan per me quelle sagome dritte
Che sempre passano agli stessi orarj,
Ben ravviate, e coi vestiti cari,
Stirate e vacue, come in un Magritte.
     Composte a un modo, sia che stiano zitte,
Sia nei ridenti e vuoti conversari,
Non amo genti che a numeri pari
Passano, non felici, e non afflitte;
     Senza che in anni abbia mai posto mente
Che di quel di cui vivono, escludendo
Che non ne so, non me ne frega niente.
     Non rinvenire, in tanta massa, è orrendo
Nulla di non omologo, & saliente;
Salvo in chi è perso, o in chi si sta perdendo.

237. Che ci fa, qui, QUESTA?!

9 Mar

http://www.bassasogliapiemonte.it/pagine/appello_con.html

L’assistenza a tempo determinato per gli immigrati comunitari. Il Servizio Adulti in Difficoltà (S.A.D.) del Comune di Torino a fine maggio ha fatto pervenire alle case di ospitalità notturna una circolare contenente le nuove disposizioni in materia di accoglienza riguardo agli stranieri comunitari, operative, in forma sperimentale, a partire dal 1° giugno 2008.
Gli ospiti, la cui nazionalità è inclusa in un elenco comprendente gli stati membri e quelli equiparati, sono tenuti alla compilazione di un atto sostitutivo di notorietà in cui dichiarano di avvalersi del servizio, per la prima volta dopo la data di entrata in vigore e garantendosi l’accesso al sistema delle liste di attesa per un periodo massimo di 3 mesi. Tale limite verrà notificato dagli operatori in turno apponendo una data di scadenza su tale documento, redatto in duplice copia, una in lingua italiana da inviare al S.A.D., l’altra in lingua rumena da consegnare all’interessato.
Non sono state fornite al momento traduzioni in altre lingue.
Il ridotto periodo di ospitalità è prorogabile o revocabile a discrezione dell’ufficio competente in base alla singola analisi dei casi; studio già parzialmente redatto e dal quale emerge una lista di poco più di una decina di soggetti recanti problematiche sanitarie degne di nota e che pertanto al termine del periodo individuato di tre mesi potranno essere accolti nei soli posti di emergenza riservati alle persone in stato di grave disagio.
Tale elenco è ovviamente passibile di defezioni ed incrementi del numero di soggetti inseriti.
Gli altri comunitari richiedenti ospitalità verranno inseriti in una ulteriore lista a disposizione delle case e del S.A.D.
Le motivazioni cui si fa riferimento per chiarire il ricorso alle nuove norme fa cenno al progressivo aumento delle richieste di ospitalità giunte da persone provenienti, in particolare, dall’Est Europeo, nonché all’esigenza di tutelare soggetti in condizione di estrema marginalità a scapito di altri in possesso di discrete abilità personali.
Gli operatori vengono inoltre invitati a sviluppare forme comunicative idonee al recepimento delle direttive unite a strategie anche di controllo al fine di prevenire chi utilizza le limitate risorse a disposizione per assecondare i propri progetti di vita personale e familiare a scapito dei più fragili.

Come operatori, dopo attento dibattito, ci sentiamo in dovere di muovere una serie di critiche alla circolare in oggetto sottolineando la distanza che ci separa da logiche che riteniamo nemiche dell’etica professionale del lavoro sociale.

(…).

http://www.bassasogliapiemonte.it/pagine/adesioni_appello.html

Hanno finora aderito all’appello

Singoli Operatori Enti / Agenzie

Franco Cantù – Torino
Lorenzo Camoletto – Torino
Maria Teresa Ninni – Torino
Tiziana Ciliberto – Torino
Raffaella Rizzello – Torino
Giuseppe Forlano – Torino
Mauro Maggi – Torino
Nicola Pelusi – Torino
Sabrina Sanfilippo – Torino
Lucia Portis – Torino
Susanna Ronconi – Torino
Massimo Carocci – Torino
Nanni Pepino – Torino
Ugo Zamburru – Torino
Tonino Ponzano – Alessandria
Alice Rossi – Torino
Angelo Pulini – Torino
Daniele Di Gioia – Torino
Hatimy Abdelouahed – Torino
Marco De Giorgi – Torino
Maurizio Poletto – Valle di Susa
Enrica Recanati – Torino
Luciana Monte – Rivoli (TO)
Mauro Milesi – Rivoli (TO)
Tiziano Del Sozzo – Rivoli (TO)
Luigi Arcieri – Torino
Andrea Fallarini – Torino
Gene Apicella – Torino
Mohammed Tallaoui – Torino
Paola Conterio – Torino
Angelo Giglio – Torino
Giulia Suriani – Torino
Alessandra Gallo – Torino
Massimo De Paolis – Torino
Carla Mereu – Chieri (TO)
Rocco Mercuri – Torino

Anna Chiarloni

– Torino

Terry Silvestrini – Torino
Sabrina Anzillotti – Orbassano (TO)
Fabio Tedeschi – Torino
Paolo Bianchini – Torino
Davide Sprocatti – Torino
Andrea Guazzotto – Torino
Maria Grazia Barbero – Ivrea
Egidio Costanza – Cuorgnè
Roberto Bellantone – Torino
Tatjana Mianulli – Torino
Marco Spada – Torino
Paola Bertotto – Rivoli (TO)
Daniele Previati – Rivoli (TO)
Tiziano Del Sozzo – Rivoli (TO)
Ombretta Turello – Alessandria
Manuela Cencetti – Torino
Chicca Scarfò – Torino
Epaminondas Thomos – Torino
Giovanna Murru – Torino
Roberto Piscitelo – Torino
Younis Kutaiba – Torino
Raffaella Sorressa – Torino
Mauro Calò – Torino
Federico Carruccio – Torino
Eliana Enne – Torino
Cristina Salomoni – Torino
Anna Liberatore – Torino
Veronica Paolella – Torino
Federica Sanna – Lanzo (TO)
Claudio Rolfo – Torino
Francesco Vacchiano – Torino
Silvia Pescivolo – Torino
Carla Gottardi – Torino
Cristiana Cavagna – Torino
Francesca Morgano – Torino
*******
Associazione Nazionale Forum Droghe
Circolo Caffè Basaglia – Torino
Associazione Isola di Arran – Torino
Associazione Nico 93 Solidarietà AIDS – Alessandria
CSOA Gabrio – Torino
CUB Sanità e Assistenza – Torino
A.I.Z.O. rom e sinti – sede nazionale di Torino

231. Memento.

7 Feb

Ultimamente posto solo versi, perché mi portano via poco tempo, o quasi nulla, ma giusto per aggiungere qualcosa al blog — per fare cosa gradita non posso dire, perché sarebbe presunzione, e poi, beh, mi conosco. Mi dispiace, un po’, ma sto scrivendo altra cosa, che diventa sempre più complicata da fare, di là dal suo ampliarsi, anche e soprattutto a causa di una sempre più accentuata incompatibilità ambientale, che forse dipende in misura non indiretta proprio da quest’ultimo sforzo compositivo. Coi seguenti l’autore, che non aveva pace e di quando in quando avrebbe voluto dare la testa o al muro o sulla faccia di qualcuno, rammentava (“memento”, appunto) a sé stesso qualche forse utile, forse inutile principio – dipende, è chiaro, dalla capacità dell’autore di tener presenti, dopo essersene reso conto, taluni principj; tra i quali principj, anche, qualcosa di a sé nuovo e causa di stupore, perché l’autore  lamenta effettivamente, tuttora, significative lacune, e la consuetudine con gente stronza è sempre di per sé abbastanza istruttiva (benché solo per preparare all’incontro con altra gente stronza).  

Rendersi conto che a non tutti è dato
Lo stesso, e che non son pochi ventanni
Per sapere che, in sé, dolore e affanni
Mai la mediocrità hanno sollevato.
   Rendersi conto che il vigliacco agguato
E’ questione d’ogni angolo, e gl’inganni
Non scampa la mitezza; e molti danni
Subìti il tempo non ha mai curato.
   Rendersi conto che soltanto i panni
Si cambiano, ma è sempre uguale il fato,
Specie per quelli che scordato l’hanno.
   Rendersi conto che, scorrendo, gli anni
Certo molti imprevisti han comportato;
Ma il tuo passato non cancelleranno.

217. Ah…

12 Nov

… e vaffanculo a Mario Bianco, naturalmente.

199. Per Vincenzo Appuzza.

29 Ago

Stamane (mi trovo alla Nazionale), connessomi, apro, dopo la posta, la board del blog e mi ritrovo con due messaggj di spam in attesa dentro il cestino di akismet. Vado a vedere di che cosa si tratta, ed ecco che mi vedo apparire due sgrammaticate fetenzie, autore Vincenzo Appuzza (enzuccio62 su wordpress e blogvillage), con i risultati di due ricerche con google e una serie di marcj insulti al sottoscritto.

Il quale gli avrebbe dato dello “homeless”, scopro con stupore: cosa mai avvenuta.

Semmai “straccione”, ma “homeless” mai e poi mai.

I due sconcj messaggj contenevano le espressioni “vaffanculo”, “stronzo” e “figlio di puttana”. Reso edotto il pezzente schifoso che me li ha mandati che se si tratta di andare a fare in culo ci vado, e quanto mi pare, indipendentemente dai suoi inviti; che, stando all’odore, dei due lo stronzo non credo proprio di essere io; che mia madre fu una persona onesta, a differenza di quello sfasciume pustoloso e ignorante che ha dato i natali al suddetto pezzentone, mi pregio di informarlo che:

1. I suoi messaggj a questo blog sono filtrati, e da lunga pezza, ragion per cui è del tutto inutile che scriva di nuovo, men che meno insulti, che può provarsi a rivolgermi personalmente in qualunque momento, senza ricorrere al vigliacco tramite della Rete;

2. Che è del tutto inutile che si atteggj a màrtire, e che presuma di inchiodare gli altri alle proprie (peraltro inesistenti) responsabilità quando non si pèrita dal ricorrere a mezzi patentemente illeciti per sfogare le sue rabbie insulse — correndo peraltro il rischio di una bella denuncia alla polizia postale.

3. Che qualunque altro attentato alla mia pace, tramite Rete e no, sarà riferito qui sopra, coralmente, in modo che chiunque passi sappia di che pasta è fatto Vincenzo Appuzza. Salvo, appunto, rivolgermi alla Polizia.

Consiglio di dedicare meno tempo a cercare lambiccate mendicate scuse per il fallimento di una vita, e un bel po’ di più all’igiene personale.

Fine della comunicazione.

*************************************************

Pare incredibile, ma il relitto umano (e gran figlio di una troja) s’è permesso di mandare ancòra queste due perle:

  • enzo | vincenzo.appuzza@alice.it | enzuccio69.wordpress.coms | IP: 158.102.162.9Suggerimento: Risparmia tempo premendo Invio sulla tastiera, anziché fare clic su “Cerca”
    se non hai un cazzo da pettinare ficcati un dito uin culo magari poi lecchi,vedi di che merda sei fatto.

    Risultati di ricerca199. Per Vincenzo Appuzza. « anfiosso29 ago 2008 … Vado a vedere di che cosa si tratta, ed ecco che mi vedo apparire due sgrammaticate fetenzie, autore Vincenzo Appuzza (enzuccio69 su …
    anfiosso.wordpress.com/2008/08/29/199-per-vincenzo-appuzza/ – 3 ore fa – Pagine simili

    Non è spam — Ago 29, 1:49 PM — [ Visualizza Articolo ]

  • enzo | vincenzo.appuzza@alice.it | vincenzo.appuzza@alice.it | IP: 158.102.162.9199. Per Vincenzo Appuzza. « anfiosso29 ago 2008 … Vado a vedere di che cosa si tratta, ed ecco che mi vedo apparire due sgrammaticate fetenzie, autore Vincenzo Appuzza (enzuccio62 su …
    anfiosso.wordpress.com/2008/08/29/199-per-vincenzo-appuzza/ – 3 ore fa – Pagine simili

    rivai a vanculo, se non hai un cazzo da pettinare ,ficcati due ndita in culo ,e ,poi leccati le dita, nessuno ti autorizza a menzionare il mio nome

    Non è spam — Ago 29, 1:45 PM — [ Visualizza Articolo ]

  • Questo mentre avvertivo i responsabili della biblioteca di quale uso si stesse facendo dei terminali messi a disposizione del pubblico.
  • Mi sa che non sono stato chiaro.

87. Quasi dimenticavo.

30 Mar

Diverso tempo fa, non so com’è, m’era venuto da cercare con google “arcidio baldani”. Questo strano nome (io penso si pronuncj “Arcìdio”, non “Arcidìo”, ma non è detto da nessuna parte) è quello di un poeta di origine credo emiliano-romagnola, che poi visse prevalentemente tra Roma (dove faceva il professore di lettere in un liceo) e Milano, dove in p.zza Diaz vendeva i suoi libri; fiorì tra la fine dei Sessanta e l’inizio dei Settanta. Doveva essere un tipo quantomeno stravagante.

Comunque, a dar fede a quello che lui stesso dice, delle sue opere (che sono libri di poesie intitolati semplicemente Opera uno, Opera due, Opera tre &c., fino almeno a undici, dodici, tredici) ha piazzato dieci o ventimila copie. Molte ne inviava a titolo gratuito anche ad assessori, capi della polizia e dotti uomini, alcuni dei quali si sono prestati a rilasciare delle dichiarazioni, poi stampate in fondo, credo (ma vai a ricordare, ormai) all’Op. 9  o 11, che Arcidio Baldani era un vero grande, come Chateaubriand, Goethe, Napoleone e Vittor Ugo.

Oggi, comunque, non figura nelle storie letterarie.

Eppure era interessante: non ho esempj sottomano, e me ne dispiace, ma applicava al contrario la massima “nascondi la tua vita ed espandi l’anima”. Aveva una personalità gretta e risentita, portata al piagnisteo cattivo e al più ingessato profetismo, ma scriveva in sonanti metri regolari, quasi sempre endecasillabi, quando non in rima. Con effetti, a tratti, di notevole energia.

Quanto all’anima, quella cosetta rinsecchita che aveva in luogo di essa, lo portava a prendersela in maniera terribile col figlio, con certe prostitute incontrate per la strada, con i suoi studenti, e poi con grandi personaggj, specialmente capi di Stato e politici comunisti e soprattutto Marx, che, in certe pappolate in terzine, soleva apostrofare come “gente neanche battezzata”, come altri dice: “gente che non è nemmeno contribuente”, o “gente che nemmeno cià la terza elementare”. Sempre e comunque con un livore di sottofondo alla lunga (a voler leggere da capo a fondo due o tre suoi libretti) abbastanza spaventevole.

Lessi tre opere dispari, la Settima, la Nona e l’Undicesima. Passando dalla 7 alla 11 si notava un preoccupante crescendo nel suo astio contro il mondo, con venature masochiste e paranoidi. Diverse poesie esprimevano odio per i suoi vicini di casa, che secondo lui gli battevano nel muro col deliberato scopo di farlo impazzire. Un’altra esprimeva schifo di sé per vivere mantenuto da una donna che aveva regolari rapporti col proprio cane, oltre che col povero Arcìdio — non so se in tempi diversi o tutti quanti insieme, come re Orso, Oliba la bella dall’occhio giudeo e Lìgula. Quello che il compianto Gino Tasca avrebbe definito un “subconscio a cielo aperto”, insomma, ma esprimentesi in forme tanto quadre e limpide, in maniera così assolutamente non problematica, scolpita, nature, da risultare molto interessante — clinicamente, di sicuro, anche; ma non è certo questo il tipo di interesse che potessi concepire per un’opera talmente stravagante; direi che era esclusivamente da lettore, un interesse, appunto, letterario. La pazzia è — almeno per me — sempre uno spettacolo penoso, ma in concomitanza con gli accessi più incresciosi può, a seconda del talento del pazzo in turno, manifestarsi anche una forma di bellezza. E poi è salutare vedere fino a che punto può spingersi la sfida al ridicolo — io scrivo in versi rimati e metrati, per una forma di ostinazione (quella che il Baldani chiamava “resistenza”) che non porta mai buono. E’ anche per sapere che fine si può fare. Appunto: che fine ha fatto, Baldani? E’ “guarito”? E’ ancora vivo? E’ morto pazzo, coerentemente con la propria vita?

Quella volta, cercando questo stravagante personaggio in rete, senza particolare speranza di trovare alcunché, ho trovato un intervento, abbastanza strutturato, di un certo Cristiano Sias, su un forum dal nome ch’è tutto un programma.

Il forum oggi è blindato, ma potete, ovviamente, chiedere di iscrivervi, se v’interessa, fornendo nome e cognome, indirizzo di casa, numero di telefono fisso controllabile, numero di cellulare, codice fiscale e numero di documento d’identità.

Non è uno scherzo.

Il perché di una simile scelta mi è chiaro solo in parte, e solo in base alle parole di Cristiano Sias stesso, che poi, come mi ha rivelato in privato, sono insufficienti a dare la misura della catastrofe avvenuta.

Per tutto il tempo a venire, dopo essere intervenuto in proposito di Arcidio Baldani [Cristiano Sias aveva lanciato la provocazione: E se Baldani dovesse essere considerato a sua volta un poeta-contestatore? — se provocazione può essere considerata, dal momento che Arcidio Baldani non se lo caca più nessuno da decenni] non ero più tornato sul forum.

Tuttavia, risultando iscritto, continuavo a ricevere la newsletter, che normalmente archiviavo senza leggere. Una volta o due ci ho sbirciato, e non ho trovato rimandi ad alcunché d’interessante. Finché domenica 11 marzo è pervenuta una mail dai toni piuttosto tesi, questa:

Questa email ti è stata inviata da un Amministratore di “Benvenuti su
Nuovapoesia”.
Se ritieni che questo messaggio costituisca spam (pubblicità non desiderata) o
pensi che il suo contenuto sia offensivo, contatta il webmaster al seguente
indirizzo:

redazione@nuovapoesia.it

Includi questa email, compresi gli headers.

Testo del messaggio:
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

Augurando a tutti voi una serena domenica e scusandomi per l’intromissione
“personale” nella vostra casella di posta, dovuta a fatti che ritengo di
interesse vitale per il sito Nuovapoesia, sempre con il fine di una valutazione
costruttiva e un miglioramento, vi invito a leggere con la massima attenzione la
mia comunicazione odierna al link
http://nuovapoesia.forumup.it/about2743-nuovapoesia.html ed esprimere
liberamente la vostra opinione in merito.
Grazie per la collaborazione e un abbraccio a tutti!

Cristiano Sias
admin Nuovapoesia
info@nuovapoesia.it

Facciamo diventare grande questo sito, segnaliamolo a tutti gli amici della
nostra rubrica!

   
   
   
   
   
 
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Mi sono ovviamente chiesto che cosa cacchio ci potesse essere di tanto vitale in un sito che si chiama NuovaPoesia, e, blandamente incuriosito, sono andato a guardare. Non posso più recuperare quelle ridicole parole, non avendo più la possibilità di accedere a quel salottino (peraltro parecchio affollato di cretini, di questo dev’essere dato atto a Cristiano Sias); basti il succo: sostanzialmente l’administrator, e qualche poeta assiduo del forum, era stato centrato di messaggj poco deferenti, in pretto stile troll: il padrone di casa (invento, ma siamo lì) era un cagone, la tal poetessa aveva problemi di alitosi, &c. Sias aveva reagito, non so dopo quante provocazioni, con tono veramente isterico, e ha annunciato che sarebbero state adottate misure.

Quanto a queste, come ha rivelato la seguente newsletter, del 24 marzo,

Questa email ti è stata inviata da un Amministratore di “Benvenuti su
Nuovapoesia”.
Se ritieni che questo messaggio costituisca spam (pubblicità non desiderata) o
pensi che il suo contenuto sia offensivo, contatta il webmaster al seguente
indirizzo:

redazione@nuovapoesia.it

Includi questa email, compresi gli headers.

Testo del messaggio:
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

A tutti gli utenti:

Nuovapoesia CAMBIA e  comunica la prima parte del suo programma. Esprimete la
vostra opinione su “le basi del futuro”:
http://nuovapoesia.forumup.it/about2833-nuovapoesia.html (link in Home Page
nelle comunicazioni della redazione).

Buona domenica e buona scrittura a tutti!

Redazione Nuovapoesia
info@nuovapoesia.it
http://www.nuovapoesia.it
http://nuovapoesia.forumup.it/

Da:  <redazione@nuovapoesia.it>
Risposta:  redazione@nuovapoesia.it
Inviato:  sabato 24 marzo 2007 23.04.07
A:  redazione@nuovapoesia.it
Oggetto:  Le basi del futuro
 
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sono quelle di sopra riportate, cioè iscrivere e lasciar accedere al foro solo chi fornisse nome-e-cognome, indirizzo di casa, telefono di casa, cellulare, codice fiscale e numero di documento. ‘Sta minchia, pensai.

A livello della prima mail ero intervenuto sul forum (altra cosa che non recupererò mai più) dicendo che mi sembrava una reazione spropositata: se era tutto lì quello che Cristiano Sias e le sue frequentatrici avevano subìto, lo stile dei messaggj mi sembrava troppo scemo-chi-legge per essere la credibile scaturigine di tanto fervore.

Risultato: quando ricevetti, tuttora regolarmente iscritto, la newsletter del 24 marzo, quella in cui si annunciavano le basi del blindatissimo futuro del sito, dopo aver letto sul forum le nuove leggi, un po’ ho trasecolato (mi sembra francamente insultante chiedere tutti quei dati, io non li darei — e in effetti qualcuno s’è sin da sùbito detto contrario), un po’ mi sono detto chissenefrega; ma volevo, magari nei giorni seguenti, magari in un momento in cui non avessi proprio nulla da fare, aggiungere qualche parola alla faccenda. Non ho potuto farlo perché non ci riuscivo più.

Sicché, un po’ innervosito come sempre mi accade quando c’è una censura in atto, ho scritto rispondendo, semplicemente, alla newsletter, con queste parole:

—– Original Message —– From: “Melchiorre Gioja” <melchiorregioja@hotmail.com>

To: <redazione@nuovapoesia.it>

Sent: Sunday, March 25, 2007 3:10 PM

Subject: RE: Le basi del futuro


> Non sono mai riuscito a leggere quello che eventualmente era scritto in
> risposta al mio II ed ultimo intervento perché non risulto registrato. Ogni
> tanto mi piovono in casella vostre comunicazioni da ‘nuovapoesia’, sito di
> cui peraltro, avendo poco e pochissimo tempo a disposizione per frequentare
> altro che il mio blog, ho potuto leggere sì e no tre o quattro discussioni.
> L’ultima volta che sono intervenuto è stato in risposta ad una discussione
> nata in séguito alla puerili aggressioni dei soliti troll. Non mi rendono
> perplesso i troll, che sono una piaga della rete e che ho già paragonato
> alla gente che fa telefonate anonime; mi rende perplesso la reazione ai
> troll, offesa angosciata disperata. Credo di non capire nulla della linea di
> condotta della redazione. Anche quest’ultimo annuncio mi pare insulsamente
> sopra le righe, come fatto apposta per attirare gli scherni (come mi sembra
> anche, tutto sommato giusto: a chi ‘nullità umane’? a chi ‘sfruttatori del
> lavoro altrui’? Non sarebbe meglio chiedersi che razza di sentimenti siano
> quelli di chi riesce a farseli ‘assassinare’ così, dal primo coglioncello
> che passa e lancia un insulto? Spero per la vostra sanità che si tratti di
> pura e semplice ipocrisia, da parte vostra: se siete sinceri avete un
> *grande* bisogno di cure). Non so nemmeno se le leggi sulla privacy
> consentano di tenere un’anagrafe come quella che avete in progetto.
> La cosa che più fa ridere (a me personalmente) è che non sono in grado
> nemmeno di lasciare un numero di telefono, né fisso (non ho casa) né mobile
> (non ho un cellulare).
> Be’, auguri.
> Spero che presto o tardi troviate la pace, tutti quanti. Peccato che la
> poesia sia forse l’ultimo tra gli strumenti potenzialmente atti a farla
> conseguire, ma tant’è.
>
> David Ramanzini.
>
> (… RMNDVD74C14L388H ^_^).
 

La risposta a questa mia risposta è arrivata a stretto giro, ed è quella che segue:

Da:  Redazione Nuovapoesia <redazione@nuovapoesia.it>
Inviato:  domenica 25 marzo 2007 14.16.27
A:  “Melchiorre Gioja” <melchiorregioja@hotmail.com>
Oggetto:  Re: Le basi del futuro
 
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Gentile David “Anfiosso”,lei non sta parlando a ragazzini sprovveduti, ma a gente matura che conosce internet da 30 anni e che sa bene cosa dice, unendo capacità di realismo inimaginabile per lei, che denota una certa superficialità quando parla di “sopra le righe” per una vicenda che non conosce e in un contesto che continuerà in una contenzioso penale, con gente abituata, le assicuro, a misurare lo iota e lo iato, figuriamoci gli aggettivi.La preghiamo, si risparmi dunque la sua ironia di così basso livello, come quel codice fiscale in calce. Non è il momento giusto per gli infantilismi, ci creda. Nel suo interesse.Detto questo, se riceve le nostre mail la responsabilità è solamente sua perché  è regolarmente iscritto al sito con nick “anfiosso”, come ben sa.  Si era iscritto “casualmente” per Arcidio Baldani, ricorda? E non era più tornato. Stranamente ora ricompare improvvisamente per una vicenda che non la riguarda e sulla quale sa spargere critiche, fango e offese con strana attenzione. Nè  comprendiamo perché ci dice “Non sono mai riuscito a leggere quello che eventualmente era scritto in risposta al mio II ed ultimo intervento perché non risulto registrato”. Questa è una sciocchezza: lei ha libero accesso al sito e se ha dei problemi sono da ricercare in motivi diversi da un nostro eventuale intervento.Né comprendiamo il senso di queste sue “sospette” offese gratuite verso questa redazione “bisognosa di cure”, se non giustificandole con i suoi così intensi rapporti con i troll di cui tanto parla. A furia di stare fra gli zoppi si zoppica, pare. Naturalmente siamo lieti che lei si preoccupi della nostra sanità mentale, ma se lei non “capisce nulla” (parole sue) se la prenda con la propria ignoranza, non con l’intelligenza altrui. E non si preoccupi delle leggi: le conosciamo certo meglio noi di lei.E studi la regolamentazione di un’associazione, che di virtuale, come il vostro mondo che ormai non distinguete neanche più dal quotidiano, non ha un bel nulla.

Dovrà quindi purtroppo sopportarci.

Così come noi sopporteremo lei e le sue mail, a meno che non ci faccia la cortesia di chiederci la chiusura del suo account per occuparsi unicamente del suo blog.  Sicuramente la nostra pace verrà ritrovata più facilmente, se non riceveremo più mail come la sua.

Sempre felici di divertirla

Buona domenica

Cristiano Sias
info@nuovapoesia.it
http://www.nuovapoesia.it
http://nuovapoesia.forumup.it/

M’è rimasto un pajo di dubbj, che purtroppo sono destinati a rimanere tali:1. Come dev’essere intesa una “capacità di realismo inimaginabile per lei”? Come un “potevamo stupirla con effetti speciali, ma &c. &c. &c.”?2. Non era mia intenzione fare ironia. Pareva ironica, la mia mail?3. Quando dice “Non è il momento giusto per gli infantilismi, ci creda. Nel suo interesse”, che cos’è? Una minaccia?

4. Ho torto quando considero deliranti queste parole:

Detto questo, se riceve le nostre mail la responsabilità è solamente sua perché  è regolarmente iscritto al sito con nick “anfiosso”, come ben sa.  Si era iscritto “casualmente” per Arcidio Baldani, ricorda? E non era più tornato. Stranamente ora ricompare improvvisamente per una vicenda che non la riguarda e sulla quale sa spargere critiche, fango e offese con strana attenzione”?

Critiche? Fango? Offese?

5. Ma quanti ebeti stronzi girano per la Rete?

6. Cristiano Sias? Mavaffanculo, vah.

80. Udir critico mostro, oh meraviglia (e 3).

20 Mar

Mi pare che nel frattempo vi siate portati bene assai, ed è per questo che, come promesso, raccolgo da ecletticae un’altra perla, e ve la dono, da incastonarvi in quel servizio.

************** 

Sapevate che Saviano è veramente strabico? Sapevate che Saviano si rifà a Dante, pure lui?! Sapevate che Saviano ci vuole infettare? Sapevate che Gomorra procede par exempla, letteralmente?

Sapevate che Primo Levi si rifà a Le mie prigioni? Sapevate che il Pellico fu prigioniero allo Spielperg?

Sapevate che al mondo c’è chi si può porre interrogativi pregnanti come quello che segue, ossia (con licenza copincollando): “Alcune parti del romanzo erano apparse su “Nazione indiana” e sarebbe interessante sapere se quegli articoli sono poi stati recuperati per scrivere il libro oppure se Saviano, mentre stava scrivendo “Gomorra”, andava pubblicando alcune parti del romanzo sul web, ossia se questa è una scrittura nata per il web o il web è stata la prima vetrina del romanzo“?

Lo sapevate che il web richiede una scrittura liquida (ma sicuramente non è nella scrittura da web della Ravetta che Bart ha trovato ispirazione, a giudicare dalla consistenza)? Che la scrittura deve alzare il tono per colpire e scandalizzare l’internauta che è sommerso dalla massa del materiale del web?

Lo sapevate che la colpa dei mortammazzati a pistolettate in piena Napoli non è d”o Sistema, ma TUTTA VOSTRA?! Bastardi!!!

SAPEVATELO

SU RAVETTESCIONAL CIANNEL!

66. La pazza.

20 Feb

E’ una pazza, normalmente di pelo rosso violaceo (dipende, ovviamente, dalla tinta), da tre giorni a questa parte di pelo castano scuro, quasi nero (vide supram). Ma il colore dei capelli poco importa — e anche quello che sta sotto i capelli, è una donna abbastanza tozza di complessione, ma nient’affatto sgradevole, talora forse un poco pretenziosa nel vestire, ma sempre accurata, e quindi intercambiabile, a vista, con qualunque rispettabile donna d’età indefinibile, ma tra i quaranta e i cinquant’anni. Talvolta, in luogo della corta chioma naturale (naturale quanto a lunghezza, ovviamente, dato quanto detto) sfoggia un’ampia parrucca rossa. Talaltra volta porta un largo fazzoletto annodato un po’ come le donne africane, a fioccone, sopra la chioma e/o la parrucca, con effetto particolarmente ridondante — ed è allora che si comincia a dubitare che sia normale, soprattutto quando, come jersera, il fioccone si accompagna a due gonne indossate una sopra l’altra e a ben due pellicce sintetiche, che la fanno sembrare come una donnina della Michelin pelosa. Ma è quando apre bocca e parla che l’impressione si rafforza, chiaramente.

 Non so quasi niente di lei — e comunque non più di quanto mi hanno detto gli habitués dell’angusta sala d’aspetto del Maria Vittoria: e cioè che ha una casa, la quale casa è di proprietà essendole rimasta in eredità dal genitore o dalla genitrice, ma che passa volentieri la notte lì nei pressi, mescolandosi ancora più volentieri ai barboni di passaggio. Se ne sceglie di trentacinque-quarantenni, d’aspetto decisamente robusto se non nerboruto, anche se — ovviamente — ormai sono un po’ dismessi, e si siede in un angolo, pronunciando di tanto in tanto, con grande enfasi, le frasi più sconnesse, in curioso contrasto con l’espressione implorante in tralice, particolarmente d’effetto quando indossa la parrucca fulva, e sembra un pertichino da operetta, o la comparsa particolarmente scassata di una pellicola pre-1915. Si tratta di affermazioni provocatorie del tipo: “Sì. Sì. Io sono proprio una puttana. Oh” (e qui sguardo) “l’invidia della gente”. Oppure si mette a ridere (così: hi hi hi), con aria estremamente velenosa e sfottitoria, aggiungendo qualche aggettivo fraintendibile.

Verso le 20.00, abbigliata con la solita ricercatezza, riccamente profumata, con andatura elastica e sostenuta sulle gambe a barilotto, fa il suo ingresso al Pronto Soccorso, tenendo fisso davanti a sé, con sfida, lo sguardo degli occhi negletti, completamente vuoti, schioccando le labbra in maniera caratteristica — è il suo tic — e andando a depositarsi con studiato malgarbo su una delle sedute della saletta. Lì comincia la sua recita, che è come ho detto (occhiate in tralice e squillanti frasi sconnesse), salvo quando le conviene mostrare una ferina divistica impazienza, nel qual caso urlacchia versi di vecchie canzoni ambiguamente interpretabili, sconcezze, espressioni rivendicativo/offensive e anche, e nemmeno come extrema ratio, robusti porcodii. Nel caso tutto ciò non funzioni ad attirare l’attenzione, si fa ardimentosa, e va a sdrajarsi teatralmente su una delle barelle depositate appena fuori dalla saletta: cosa proibitissima, che fa immediatamente accorrere il guardiano di turno. Segue la prevedibile disputa, col guardiano che tenta di farla smontare e lei che si rifiuta con alte strida, brandendo il pretestuoso foglio della visita che le dà diritto all’accesso in P.S. . Dopodiché, con tutte le espressioni e mimiche e verbali del più incontenibile furore, accompagnata dall’incisivo rumorio dei tacchi, normalmente abbandona il Pronto Soccorso e se ne torna a casa, dove si cambia d’abito per poi, profumatasi di qualche altra essenza, ricomparire due o tre ore più tardi, insieme nonchalante e tesa, con qualche accessorio da sfilarsi e reinfilarsi con furiosa pazienza, o curiosi prolissi pendenti da far roteare ad ogni scatto della testa un po’ barbarica. L’ho vista solo una volta a Porta Susa, dove una mattina alle 5.30 irruppe nella sala d’aspetto deversando da gran foce di gola i consueti porcodii e urlando che la lasciassero in pace, che la piantassero di perseguitarla, che era stufa marcia, sbattendo le due porte (entrata e uscita) in rapida successione. Si vede che la saletta del Maria Vittoria era rimasta vuota. L’ho osservata indisturbato perché io per lei è come se non esistessi, essendo fuori target. Quando è fortunata, e trova anche tre o quattro barboni dall’aria tosta, e quindi di suo gusto, se li porta a casa. Fino all’una, alle due del mattino cerca inutilmente nella credenza sbadigliante un po’ di caffè da farsi. Alle due, rivelatasi vana ogni ricerca, sveglia urlando i tre o quattro sventurati e li butta fuori, anche col freddo e col gelo. Come Bette Davis nello Scopone scientifico, godrebbe nell’affamare gli affamati, quando pure ci riuscisse, tentando di scroccare ai più scalcinati tra i presenti nella sala d’aspetto la trenta centesimi per il caffè al distributore. Gli scalcinati o la conoscono troppo bene, per esperienza diretta o per sentito dire, o, com’è più probabile, non hanno soldi da buttare, e lei è costretta a ripiegare sui parenti dei pazienti.

E’ da un caso come questo che ci si rende conto di come, senza la normalità, intesa come mera capacità di intendere e di volere, la perversione non ha nessun interesse, ma annoja e sembra patetica. Perché il fascino, o semplicemente l’interesse, della perversione risiede proprio nei perché che suscita. Ci si può chiedere il perché di uno stravagante comportamento, o di una scelta inconsueta, quando la persona che lo tiene, che la compie, sembra avere le nostre stesse facoltà. Se è evidente che non ce le ha, attribuiamo tutto direttamente alla sua malattia, pertanto l’interesse decade, perché la spiegazione si presenta da sola. Se dovessi scrivere di un caso come questo, non resisterei alla tentazione di farne un personaggio, per il rimanente, del tutto normale, se non brillante. Così com’è è solo una deprimente rompicazzo, che per motivi suoi, cioè dei non-motivi, di tanto in tanto mi rompe il sonno con le urla sconclusionate.

54. Piccoli cristiani muojono.

10 Feb

Leggete questo. Il libro non l’ho letto, ma lo farò quanto prima, e suppongo la stragrande maggioranza di quelli di voi che ne sanno qualcosa saranno stati informati dalla televisione (essendo passata una notizia in merito al Tg1), che io non guardo.

Il figlio dell’ex-rabbino capo di Roma ha scritto in un libro che tra il 1100 e il 1500 ci furono effettivamente sacrifici umani da parte di Ebrei askenaziti — sacrifici di bambini, in particolare, il cui sangue sarebbe stato utilizzato per impastare le azzime, che sarebbero le nonne delle ostie; come certi libri sono i padri dei porcodii.

52. Et nous avons des nuits pars altera.

8 Feb

Stanotte (e ancora grazie) mi hanno lasciato dormire seduto nella sala d’aspetto del Maria Vittoria, e dovrebbe essere l’ultima volta. Non c’è molto da dire sulla sala d’aspetto del M. V., se non che è piccola e senza attrattive. Oltre a due file di sedute di plastica blu ci sono quattro distributori, uno di bibite fredde in bottiglia piccola (ma escono calde, perché il refrigeratore, evidentemente, non funziona), uno di junk-bruscolini, uno di bevande calde (caffè, insomma) e uno di bibite fredde in bottiglia grande (ma è quasi sempre tutto esaurito; il distributore funziona, però, anche da cambiamonete, nel senso che se metti dentro l’euro e tiri la levetta ti restituisce due pezzi da cinquanta centesimi, ciò he può avere la sua utilità). Dalle 20.00 alle 24.00 ca. godo la conversazione di X e Y, i quali dormono uno in macchina e uno in una soffitta, ma trascorrono volentieri le serate in compagnia. Non c’è stato bisogno d’altro che di questa frequentazione per rendermi conto dell’incredibile quantità di argomenti di cui non so una cippa e di cui nemmeno mi frega — e non lo dico con spavalderia, lo dico con senso di colpa e con pena. Ma, soprattutto per quanto riguarda i greatest hits, le cose straripetute, dalle tre-quattro alle cinque-seicento per sera, può essere istruttivo, perché qualcosa mi rimane impresso. Ovviamente non prendo per oro colato tutto quello che mi si dice, non tanto perché temo la malafede dell’interlocutore di turno, quanto perché, a livello di conversazione da bar, può essere l’interlocutore per primo a non aver capìto praticamente nulla di quello che dice. Ragion per cui prendo tutto con molto sale e pepe, o come spunto.

Altro tipo di conversazione ho avuto nelle prime ore della mattina, con un personaggio da me conosciuto a suo tempo in v. Carrera, che ha attaccato discorso chiedendomi per l’appunto se in v. Carrera non vado più. Segue mia risposta, che no, perché sospeso, ma soprattutto il litigio che precede la sospensione dà di cappello a tutta una situazione per cui, insomma, tutte le volte che vedo un operatore mie viene da vomitare, e anche quando mi vedo capitare le due stronzette della boa urbana mobile venute a recuperare qualcuno lì al M. V. mi devo alzare e me ne devo andare perché mi vien da vomitare. Dico che non sopporto di essere messo sotto i piedi, anche cortesemente. Be’, mi dice, effettivamente l’operatore tale o l’operatrice tale sono dei prepotenti. E ricordava un fatto, di anni fa, riguardante un tossico, peraltro sieropositivo, che come molti che non possono più drogarsi, o non possono più drogarsi tanto, tampona coll’alcool. E’ un bravo ragazzo (per modo di dire, è ultraquarantenne), dal fisico piuttosto meschino, e in più molto malridotto. Assolutamente non uno in grado di difendersi fisicamente. Una sera era arrivato ubriaco in dormitorio, e lo avevano fermato sulla porta — due operatori maschj — perché ubriachi in dormitorio non si può entrare. Una regola che è applicata solo di rado, in generale, e sempre con questo povero disgraziato. Comunque sia, il poveretto ha chiesto, in quell’occasione, che gli lasciassero una mezz’ora, un’ora di tempo per smaltire un po’ gli effetti della bicchierata fuori dal cancello, e poi di farlo rientrare. Ma gli operatori sono stati inamovibili. Càpita spesso che qualche utente, invitato più o meno gentilmente ad andarsene, non intenda ragione. In quel caso, ammenoché non si tratti dell’ineffabile Laura Scarpellino o della sua amica Raffaella (la psicologa di v. Carrera, mica cazzi), per non dire di quando si tratta di tutt’e due in turno insieme, di norma si chiama la polizia, e si sospende almeno per un mese l’utente che ha opposto resistenza. Un tempo, evidentemente, le cose erano gestite molto più sportivamente, perché al rifiuto del povero sbronzo gli operatori avrebbero risposto a cazzotti; non solo, ma quando il poveretto è cascato in terra, avrebbero continuato ad infierire, prendendolo a calci, tra vociazzare di sporco ubriacone e va a sapere quant’altro. Erano almeno in sei o sette presenti, e nessuno ha alzato un dito, o ha saputo che fare — si tende sempre a farsi i cazzi proprj, nell’inutile speranza di campare cent’anni. La vita di strada comporta quasi sempre un filo di mitomania, ma chissà perché io a certe cose ci credo.

Ha voluto sapere chi mi aveva buttato fuori per via di un barattolo di penne e di un bidone dell’immondizia vuoto. Le ho detto chi era stato. «Ah, Laura», ha detto, «certo. Quella è proprio una troja». E mi ha raccontato un’altra cosa, sempre di qualche anno fa, quando la Scarpellino non faceva l’operatrice in dormitorio ma girava sul bidone della boa urbana mobile. Non è nemmeno un aneddoto — è la Scarpellino che a un certo punto passava sul ben noto catorcio e che sporta la testa d’antefissa dal finestrino gli ha urlacchiato contro: «Figlio di puttana!!!». Ma chissà che cos’era successo. Erano tempi, come mi aveva spiegato il capetto della struttura a suo tempo, in cui c’era molta più confidenza tra utenza e operatori. Confidenza è quasi la parola giusta.

Questo pomeriggio dovrei recuperare un sacco a pelo. Spero proprio di riuscirci, così torno a passare le serate da solo.