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La panchina mi par sempre più dura. Zanzare ovunque. Ho le mutande lorde.
624. Capriccio XXXII.
4 Set623. Capriccio XXXI.
4 SetPiscio.
622. Capriccio XXX.
4 SetLa gente si veste
613. Capriccio XXIX.
23 AgoLA GENTE RIDE.
Febo, io prego te, che a Marsia il vello Levasti un dì, stanco di stonature: Un tuo fedele a tante voci impure Le orecchie ha esposte; e a te par forse bello? Ghigni, cachinni, risatazze, e quello Che cavar può dalle più stracce e dure Corde vocali l’aria, alle tue alture Certo non giunge; sennò sai il macello! Deversa a scoppî da ogni gorgia stretta, Eolo, tua figlia, ché, quasi il maniaco Al gabbio, l’ha in balìa una barzelletta! Lei, nata all’ancia; al distico elegiaco! Ma poiché manco l’ira tua saetta, Momo a te! E ad un bel blocco cardiaco.612. Capriccio XXVIII.
23 AgoSE MI DROGASSI.
Specialmente la sera ho per costume Ammazzar l’ore con parole altrui, Disertando perciò gli angoli buî, Per fruire così il pubblico lume. Se mi votassi al misterioso nume Ch’odia la luce, e dessi omaggio a lui La salute, e i pensieri, e un tempo in cui Nulla di vera urgenza il tempo assume? Io che lamento in sempiterno stallo Non aver bene né di pianto o riso, Ambo avrei, se nitrisse in me il cavallo! Consumerei (ed è ora) il corpo liso Cól riso lieto di beato sballo In mezzo al lutto di scavato viso!611. Capriccio XXVII.
22 AgoNON ESPRIME ALTRO CHE FASTIDÎ.
Mai non udii sfogliare una rivista Con tanto chiasso quanto il mio vicino; Mi prudono ambo i piedi, ed ho un moschino Nell’orecchio, e fa bzzz; stanca ho la vista. Di letture da farsi ho lunga lista, E – peggio – ho libri, e non ho comodino; Scompisciato è l’androne, e nel destino Credere non mi riesce, benché insista. Le cioce gaye – non la mia misura – Sono rotte, e già tocca il grattacorde La chitarra non lungi; è una jattura. Urlan due stronze – ma che sono sorde? –La panchina mi par sempre più dura. Zanzare ovunque. Ho le mutande lorde.
610. Capriccio XXVI.
22 AgoDELIZIOSA BAMBINA BIONDA CHE TOSSISCE.
Non m’inganni tu, no, angioletto biondo, Con quella fresca età ch’alto in te esulta, Né mi commuove antivederti adulta, Che ab antico a me il vero mai nascondo. Poco importa se è tenero, ché fondo Il petto certo infetto a te sussulta, E qualche virus la tua fibra insulta, T’appuzza il sangue, & ti fa il fiato immondo. Invano sproni il passo tuo lezioso A corsette, & invano l’occhio pesto Atteggî a sguardo ignaro & smanceroso: Dal veder che promessa sei non resto Pertanto di decubito morboso: Lungi da me! coll’alito tuo infesto.609. Capriccio XXV.
22 AgoI SAMPIETRINI E IL VANDALO.
Tu che dormicchî in ben disposte file, Dal nome untuoso, stolido e retrivo, Nescio del tuo potere sovversivo, Che Marx aspetti ancòra, oh Lump tu vile? Giusta questa città, che gabba stile Nerbo mancante – non è difettivo Ciò che non è – tu sei tanto malvivo Che a pesticciarti gemi: Oh! ben gentile. Avess’io in bocca la virtù d’Anfione, Io ti solleverei con flammeo metro Contro la Mole (è brutta!) e la Regione. Ma poiché forza manca anche a me tetro, Ammacca almeno – & sarò contentone – Quel Re di ferro ergentesi qui dietro.608. Capriccio XXIV.
22 AgoI CANI DI TORINO.
Quale compensazione spiega il caso, Credo ignoto ad ogn’altro capoluogo, Per cui un cocker non Buck, Fido o Togo Qui si chiama, ma Furio, Elvio, Tommaso? Mi ricordo d’un terrier, pelo raso, Detto Armando (e un che schifo me l’arrogo), E un Giordano che del dannato al rogo Ha il ciuffo; e una Petunia fuor del vaso. Parchi odono echeggiar le orecchie mie, E abbajan Marzî, & ustolan Liette, Guaiscon Pieri, & ringhiano Lucie; E Cinzia il córso, Irma il bulldòg saette San guinzaglî sdrucir tempo due vie Anche con quei bei nomi da stronzette.601. Capriccio XXIII.
18 AgoDi uno straccione, che gridava NO TAV!!! dai gradini del monumento in p.zza Carignano.
Ma che gridi NO TAV!!!, lurco straccione, Che hai la voce impastata dalla Crest? Sei la comparsa, tu, d’un film dell’West Che raschj e struscj sillabe, fattone? Che non fosse l’ennesimo cannone, E il boncio accanto à la Querelle-de-Brest, Beleresti: ¡Que viva Fininvèst!, Scemo di guerra; & va a magna’ er sapone. La Val di Susa, poi – che te ne frega? Ché avrei ben riso, oh comiziante mulo, Se avesse urlato anche NO TAV!!! la Lega: Non ti ci voglion manco per bajulo, Stronzo!, lassù. E se pure ti s’impiega A urlar NO TAV!!!, è a traforarti il culo.598. Capriccio XXII.
18 AgoPALAZZO CARIGNANO.
Quanto (io penso, se in voi gli occhî ora alzo)V’odierei, archi nove, e dieci stili,
Quanto v’avrei, ventidue vetri, a vili,
Corinzî riccî, ed ornamenti a ʃbalzo;
Io v’odierei, che mille notti scalzo
M’avete accolto, immoti e non gentili,
Massiccî, grevi, e i membri miei sottili
V’inghiottiste senz’inquietezza, o un balzo;
Quanto vorrei di plastico e di bombe
Imbottirvi interstizî, oh soglie amare,
Voi vacue inanità, voi ree, voi tombe,
Voi scure, uggioʃe anche nell’ore chiare,
Voi in complesso agra mole che m’incombe –
Non fosse che ho ben altro a cui pensare!
583. Capriccio XXI.
31 LugD’VN GIOVANE BONCIO,
CHE GLI CHIEDEVA DVE CARTINE PICCOLE.
A me, di quelli ch’hann’uopo di tutto Di due nulla assottiglj più lo zero, E col sottrarmi hai d’acquisir pensiero Ben d’un CASTELLO il nobile costrutto. Che cos’è povertà? Se del mio lutto Pallidi palliativi al duolo nero Spesseggian ricchi a sé baluardo altèro, Vita tu stringi ov’io tra mano ho il rutto. Portento più che alchemico, far vanti Saldo il tenue, grandigia il vile smacco, Chiave austa carta da avvivar gli Atlanti. Di fumi ambo facciamo l’aere stracco; Almo architetto tu ergi aulenti istanti, Io infecondo ergo in nubi acre tabacco.571. Capriccio XX.
23 LugPER LA SIGNORA X, GIOVANE DONNA, APPENA INTRAVISTA; MORTA. SVA ABITVDINE D’INDOSSARE LVNGHE VESTI FLVTTVANTI.
T’ebbe la terra prima che il mio oblio, Prima di vita che a me fuor di mente, Ora ombra in Ade non rammenti niente, E, vista appena, sei ricordo mio. Rubo il volto al non visto spicinio; Come uno m’apparì rifaccio a mente; S’è nulla il tutto tuo, quel tuo pallente Nonnulla è tutto, finché un che sono io. Postumo inganno, arra per te ubertosa Pare dell’ora tua fluttuante vita Quella che t’infiorava onda setosa: Velo a una fioritura ora appassita, Svelò a sfiorirti una Nemica ombrosa, Velò a illustrarti un’amistà fiorita.570. Capriccio XIX.
23 LugD’VN VECCHIO CHE PARLAVA DA SOLO NEGL’INTERVALLI DELLA LETTURA D’VN LIBRO DI 1368 PAGINE.
Vecchio, perché d’un’intellectio assorta Diporti i quarti d’ora, come suole Semmai quello cui mancano parole, Cui voce altrui, compagna, non conforta? Tante, invece, la mano tua ne porta, Che si direbbe non lasciar la mole D’esse spazio a dell’altre. Ma – e mi duole – So perché a tratti hai tu lettera morta Quel fluente di vita chiacchiericcio: Proprio perché la morte alto in te parla Nel volto crespo, al labbro cenericcio, E di te è parte, e tu non vuoi gabbarla, Le vive carte hai solo tuo capriccio, Distratto, e intermittente, a non turbarla.
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