Atto II. Scena VI.
CURIAZIO, ORAZIO, SABINA.
CURIAZIO.
Dèi, Sabina al suo sèguito! Del cuore alla procella
Non bastava la coniuge? S’aggiunge la sorella? Continua a leggere
Atto II. Scena VI.
CURIAZIO, ORAZIO, SABINA.
CURIAZIO.
Dèi, Sabina al suo sèguito! Del cuore alla procella
Non bastava la coniuge? S’aggiunge la sorella? Continua a leggere
Scena V.
CAMILLA, CURIAZIO.
CAMILLA.
Curiazio, e potrai corrervi, e quest’infesto onore
Puoi preferire al rendere felice il nostro amore? Continua a leggere
Scena IV.
ORAZIO, CAMILLA.
ORAZIO.
Sapeste quale incarico fu dato ora a Curiazio,
Sorella?
Scena III.
ORAZIO, CURIAZIO.
CURIAZIO.
Che d’ora innanzi gl’inferi, ed il cielo e la terra
Le loro furie uniscano per muovere a noi guerra; Continua a leggere
Ho trovato di recente questo libretto, Psicologia della zia ricca (“Die Psychologie der Tante”, 1905.), che è diventato automaticamente l’ultimo mio libro preferito [il penultimo era The Rock Pool di Connolly], di Erich Muhsam, anarchico e genio. Si tratta di 25. ritratti di altrettante vecchie zie che, secondo la tesi della raccolta, non crepano mai quando dovrebbero lasciare cospicue eredità: o muore prima il nipote, o la zia effettivamente muore ma non lascia nulla di quanto ci si aspettava, o il nipote finisce diseredato, &c.
Tutto questo si presta, sicuramente, ad analisi economicomarxiste quanto mai interessanti circa i mutamenti radicali che, in tempi di mutamenti appunto radicali come furono i primi anni del secolo scorso, portarono a rendere particolarmente tortuoso il procurarsi mezzi di sussistenza — almeno per chi all’epoca era lontano dalla terza età e da una rendita decorosa. Si tratta di problematiche cui l’autore, peraltro, non fu affatto personalmente estraneo. Continua a leggere
Invece per Eco morto non mi viene nemmeno un versicolo (giuro che ci ho pensato). Ho letto a Pisa, un mese e mezzo fa, come ultimissima mia lettura echiana, l’ultimissimo suo romanzo, Numero zero. Perché avevo parlato con uno muy lector, a cui provocatoriamente avevo detto che Eco non necessariamente scrive male – per esempio, una grande pagina di prosa è la filza d’insulti del cuoco al povero Salvatore (“scorreggione d’un minorita”, “te e quella troja bogomila che t’inculi la notte, majale” – volevo copiare quella paginetta, ma naturalmente nelle biblioteche tutt’i Nomi della rosa sono in prestito, per ragioni commemorative). E lui m’aveva prestato quella nel complesso modesta cosa. Certo, quel romanzo in particolare non mi è piaciuto, sembrava fatto coi cascami di cose più elaborate & complesse che avrebbe sicuramente potuto fare se non gli si fosse accorciato – per l’età, ovviamente; non solo fisicamente, anche intellettualmente si perde elasticità ben prima della fine (in proporzione, ovvio) – il respiro. Oltre al fatto che non trovo affatto interessante l’idea che Mussolini possa essere sopravvissuto. Anzi, mi fa schifo. Ma mi sono domandato, seriamente, E se fosse stato scritto da qualcun altro? – allora forse mi sarebbe piaciuto di più. Forse. Rimane il fatto che sarebbe stato meglio scriverlo e farlo uscire nel ’95., non nel 2015. – per via di quel Vimercate padrone del giornale, che tuttavia ha l’handicap di essere un Berluschino formato minore, mentre quello vero non ha problemi ad entrare in nessun giro. Insomma, una cosa surretizia, un pochino inutile. Continua a leggere
Scena II.
ORAZIO, CURIAZIO, FLAVIANO.
CURIAZIO.
Infine i suoi tre militi Alba scelse per sé?
FLAVIANO.
Venivo ad informarvene
CURIAZIO.
Bene; chi sono i tre? Continua a leggere
ATTO SECONDO.
Scena I.
CURIAZIO, ORAZIO.
CURIAZIO.
Roma non vuol distinguere tra campione e campione;
Le parrebbe illegittima ciascun’altra elezione; Continua a leggere
ATTO PRIMO, Scena III.
CURIAZIO, CAMILLA, GIULIA.
CURIAZIO.
Sì, Camilla, credeteci; quale a voi mi conservo
Di Roma non poss’essere né vittore né servo; Continua a leggere
Scena II. CAMILLA, GIULIA.
CAMILLA.
Quanto a torto desidera che resti qui con voi!
Ch’ella creda i miei spasimi meno forti dei suoi, Continua a leggere
Il ragazzo era un elfo: delicati
Ciglj su un inveduto taglio d’occhj;
Mistilingui armonie di neve in fiocchi
Sopra sentieri quasi inesplorati.
O su abissi da poco spalancati;
E degli scienti, affusolati tocchi
Cancellò gli arzigogoli barocchi
Quel loro non soffrire esser guardati.
Cancellò i giorni, calpestò le rose,
Spezzò l’ossa, e di grida empì smarrite
Lontananze incuranti, latebrose.
E tornò vano confessare, mite,
Mite il funzionamento delle cose.
Chissà quale eco ora ode l’arsa Dite.
L’avevo notato qualche tempo fa, a dir vero, ma lo dico adesso, perché un link a questo blog, da me trovato oggi in dashboard, mi ha rinfrescato la memoria: qui sono stato incluso in una lista di ricchioni, non-ricchioni & ex-ricchioni che si pronunciano autorevolmente o no circa l’esistenza dell’omosessualità, anzi, circa la non-esistenza. Continua a leggere
Bloccato a Piombino (!) per una periartrite alla spalla, o una cervicale, e non lo auguro nemmeno a un cane.
Nel frattempo scendo la costa, campando d’aria e poco più. Incontro – dico come incontri, veri & proprj – perlopiù gente di merda; ma questo era previsto, perché tutto il mondo è paese, e, come diceva un antico servente di casa Bollati, “Quando hai bisognu, tutti se n’approfittanu”. Una profezia che, in un modo o nell’altro, e in modi anche sottili, s’è sempre verificata, e si verificherà. Continua a leggere
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