John Ajvide Lindqvist (1968), Lasciami entrare [“Låt den rätte komma in”, 2004], trad. Giorgio Puleo, Marsilio, Venezia 20061 e giugno 2010 per RCS periodici. Pp. 461 + ringraziamenti.
Il romanzo è ambientato nell’inverno 1981 a Blackeberg, sobborgo di Stoccolma sviluppatosi quasi interamente negli anni Cinquanta: un luogo di misteri, è detto, inquantoché luogo di nessun mistero, privo di storia e di storie. In questo triste quartiere abita, con la madre, Oskar, 13 anni. I suoi genitori – la madre ansiosa e borghese, il padre affettuoso ma svampito e irresponsabile – si sono separati quando lui aveva 2 anni, e non hanno mai avuto altre relazioni. Di tanto in tanto Oskar rivede il padre, ma è una figura appunto assente e distratta (rituale durante i loro rari incontri a casa del padre è il pranzo con edredone: una volta Oskar si è rotto un dente per via d’un pallettone che non era stato levato dalla carne).
Oskar è vittima di bullismo: Jonny, un coetaneo mezzo delinquente, coadiuvato da Tomas e da un altro, gli dà il tormento ad ogni occasione, chiamandolo majale e costringendolo a grugnire. Oskar si piega ai loro giochi solo perché è l’unico modo che conosca per liberarsene in fretta. È nevrotico, e soffre di microperdite: ha ricavato da una pallina di gommapiuma quello che chiama “salvapipì”, una specie di sospensorio che gl’impedisce di bagnarsi mutande e pantaloni. Continua a leggere
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