BVFFONE TRISTE.
Coi miei lazzi e la maschera sul nasoA far ridere stavo faticando; Finché mi crepò il cuore in petto, quando Seppi che avrebber riso in ogni caso.
Annamaria Ferretti, Anna e il mistero dell’Opera. Copertina e 5 illustrazioni a colori f.t. di A. Baita. Edizioni CAPITOL, coll. “Betty” n° 1, Bologna 1965 (rist. 1968). Pp. 161 + Indice.
E’ un romanzo per ragazzine, giusta il target descritto in quarta (“Collana ‘Betty’: una letteratura serena e formativa per bambine che si affacciano alla vita”), mediocrissimo ma storicamente interessante per la ricezione della figura del cantante d’opera.
Nel teatro dell’opera di una città non precisata ma da identificarsi con Firenze sta per andare in scena la Traviata, nell’allestimento di un giovane brillante regista ungherese, di nome Oscar, con la famosa star Bellinzon, vera primadonna-strega. Anna, la protagonista, liceale che fa praticaccia nella redazione del giornale cittadino, è incaricata di fare la cronaca mondana della serata, ma sin dal primo momento, appena dopo aver conosciuto il giovane e iracondo regista Gian e la sua fidanzata Carolina, che è primo violino, si trova invischiata in una faccenda misteriosa con al centro la Bellinzon. Continua a leggere
Luigi Dossi S.I., La croce del comando. P. Riccardo Friedl S.J. Editrice “Selecta”, Milano genn. 1954. Pp. 199, 2 ill. f.t.
E’ la biografia di un gesuita (in questo prezzario ce n’è traccia) per cui nel 1931 è stata avviata la causa di beatificazione. Come avverte l’autore, l’opera presente è interamente in debito con quella di riferimento compilata da un p. Cassiani. Il lavoro è stato svolto in segno di gratitudine nei confronti del padre biografato, a cui l’autore deve la salute del corpo e la permanenza nella Compagnia.
Nato a Spalato nel 1847 da padre austriaco e morto a Firenze nel 1917, R. Friedl non ha lasciato traccia di sé nel secolo. Di cagionevole salute, dopo una brillante carriera scolastica è indipeta ed effettivamente in predicato per una missione a Mangalore, alla quale però non parteciperà mai, con grande suo dolore.
Scelta la vita comune come proprio martirio, si dà soprattutto all’insegnamento e allo studio delle lingue, nelle quali è versatissimo. Trasferito via via in varie sedi – anche in Francia – è fatto poi provinciale della provincia Veneta e della provincia Torinese, dove nel 1900 subisce un raggiro per parecchie migliaja di lire, reso possibile da un ingegnoso ricorso al doppiofondo di una valigetta.
La sua vita trascorre peraltro senza emergenze degne di nota, specialmente nel culto mariano e nella preghiera, alla quale ricorre con eccezionale intensità avendo il dono cosiddetto dell’aridità, proprio di molti vocati alla santità. Che è come una forma di resistenza, semplicemente, alla fede e al sentir dio da parte dell’anima, che deve in qualche modo ostinatamente indurvisi tramite le pratiche e la preghiera. Durante la preghiera raggiungeva stati di estasi talmente assoluti da non accorgersi dell’andirivieni nella propria stessa camera, né di essere chiamato o toccato.
Durante la guerra, data la sua origine, mentre conclude la carriera e la vita a Firenze, ha qualche fastidio perché sospetto di potenziale antitalianismo, ma la sua posizione è del tutto limpida. Continua a leggere
Mario Tobino (1910-1991), Gli ultimi di giorni di Magliano (1982). Ed. Club del Libro su lic. A. Mondadori, Milano 1982. Pp. 155.
E’ una sorta di diario, ma senza date e affrontato sostanzialmente in chiave lirica, degli ultimi anni dell’autore da primario dell’Ospedale psichiatrico di Miggiano, Lucca, rinominato “Magliano” in questo come in altri suoi libri. E’ il consuntivo di una carriera ricca di amarezze e soddisfazioni, con un primo incrinarsi nella fiducia dei metodi adottati risalente al 1952, quando gli psicofarmaci, con il Largactil, fecero ingresso negli ospedali psichiatrici. Con’un’abbondante aneddotica, Tobino propugna il suo metodo tradizionale, uello della carità continua, consistente nell’assistenza incessante, nel continuo sostegno e appoggio.
Tobino ha un profondo rispetto per la follia e ne sente tutto il fascino, ma sostiene anche un concetto della malattia mentale che ha che fare essenzialmente più con la neurologia che con l’analisi sociologica. Primo a sostenere che le patologie dell’affettività non esistono (“gli affetti non si ammalano“) rinviene la causa dello squilibrio, che è una realtà per lui inoppugnabile, in un fattore organico, in una menomazione. Continua a leggere
Luigi Lucatelli (1877-1915), Come ti erudisco il pupo. Conferenza paterno-filosofica ad uso dell’infanzia e degli adulti, col riassunto di un decennio di pubbliche proteste nella libera stampa e con l’aggiunta dei ricordi della famiglia e carriera di ORONZO E. MARGINATI (1915). Introduzione di Marcello Marchesi. Illustrazioni di Scarpelli, Finozzi, Guasta. Biblioteca Universale Rizzoli, Milano febb. 1972. Pp. 215 + Sommario.
E’ il capolavoro assoluto della letteratura italiana dei mezzemaniche, e consiste nella raccolta, scandita in 11 unità, degli articoli che il Lucatelli pubblicò sul giornale umoristico “Il Travaso delle idee” di Roma (e vedi anche qui). Premorto a causa di malattia, fu postumamente omaggiato nel dicembre 1915 dalla redazione del giornale con la pubblicazione in volume del materiale precedentemente fornito al giornale. Il cognome “E. Marginati” non ha diretta valenza sociale – non nella nostra accezione – ma proviene dalla terminologia cancellaresca (“emarginare una pratica”). Continua a leggere
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