Ultimamente, se mi fossi tenuto da parte i soldini per andare al cinema – ma non mi viene mai in mente –, sarei andato a vedere Brüno e Bastardi senza gloria.
Invece mi è toccato Il riccio, jersera (ero a carico, così si spiega), pellicola di due anni fa tratta dal romanzo L’eleganza del riccio, di una scrittrice francese dal nome inglese (Muriel Barbery) e marocchina di nascita (Casablanca), che nel 2006 fece un gran successo.
Non l’ho letto; ma il film è puro bozzettismo francese, per cui è in genere piacevole — e bellissimi i disegni attribuiti alla bambina, tra cui un delizioso pop-up che rappresenta la concierge in mezzo ai suoi libri, anche se quello che m’è rimasto più impresso è un velo di disprezzo verso piante e animali: le piante che sono le migliori amiche della mamma della ragazzina, Paloma – che ho trovato da uccidere –, e poi un pesce rosso avvelenato (e ripescato dal cesso, ma magari era un altro) e un gatto e un carlino scostàti in malo modo.
E poi un sospetto: che la concierge Renée (il riccio del titolo, irto di aculei fuori ma dentro esile e aggraziato) sia fatta morire perché non era concepibile che potesse continuare la relazione col ricco e raffinato giapponese Kakuro, nonostante le affinità elettive.
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