SOLE CHE SI SPECCHIA NELL’ACQUA. “MONSTRATVR IN VNDIS”. Il motore grandioso del creato Chiunque cerchi le sue cause prime Col suo fulgore, nel negarsi, opprime, Né in via diretta mai s’è a noi svelato. Come il Sole; che tuttavia è specchiato Dal mare, nel cui volto il volto esprime Incoronato dalle giube opime, A pro’ dei dotti esatto duplicato. Ma chi volge all’immagine indiretta Lo sguardo, incontrerà anche minor raggio, Ma che non meno gli occhî arde e saetta. (Dove si vede quanto poco saggio Fu l’artiere, e l’impresa sia imperfetta, Che intender fa il contrario del messaggio).
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SOLE & DIO. Entro valli e in città, declivî e piani Spesso appicca il grand’Astro i suoi comburî, Poiché non solo langue tra gli Arturi, Ma latra anche ardentissimo tra i Cani. Più Soli in cielo, oltrech’ad esser vani A scaldare la terra ai dì più duri, Sarebbero un’esizie ai morituri Viventi, piante, bestie, esseri umani. Così più Dèi preposti a noi mortali Vorrebber dire più scomodi eventi: Più cristi, più peccati originali, E centinaja di comandamenti; Più vangeli, e diluvî universali; Più inferni; & relativi patimenti.
I PUNTI E LA LINEA. “SIC EX INSTANTIBVS, AETERNITAS”. Vedi qui due figure compartite, Una ch’è una, e l’altra che è ben molte, Simili l’una all’altra, e, insieme accolte, Ognuna a modo suo, ambo infinite. Ma una l’una appare; indefinite Parti di nulla, giustapposte e sciolte, Formano l’altra – eppure in filze folte Formano un uno, benché disunite. L’eternità è siffatta: interminato Che tomba non avrà, cui mancò culla Tempo da infinità d’istanti dato; Tutto, d’età non vecchia e non fanciulla, Se è in sé (concetto no) considerato; Se nelle parti sue, del tutto un nulla.
CERCHIO CON CUBO INSCRITTO.
L’immagine del cerchio che fuggita
Eterna rappresenta, e inscritto il cubo
È un istruttivo enigma, e se lo glubo
L’immagine mi dà di questa vita.
Se il cerchio è il mondo, è carcere, e scalfita
Mai l’hanno o lima, o piè di porco, o tubo;
L’immagine di me all’inscritto rubo,
Che ne parte soltanto in dipartita.
Lubrico è il cerchio, e il cubo in lui compreso
Mostra che il mondo sfugge a chi sta in esso,
E chi afferrarlo vuole, è lui ch’è preso;
Sfugge rinchiuso in sé, né ha mai concesso
Vie di fuga a chi in lui pur molto ha atteso,
Né ha fatto intravedere, o ha mai concesso.
295. Impresa XI.
12 SetSOLE CON IHS INSCRITTO. “COL SVO LUME SEMEDESMO CELA”. Irradiando fulgori, agli occhî rende Chiare le cose il Sole, & manifesta; Ma quella stessa luce arde funesta L’occhio che in essa figgersi pretende. Ma per diaframmi chi mirarlo intende, Scopre macchie alla sua fulgente vesta, Menda al suo raggio non pertanto infesta, E che al barbaglio in alcunché contende. Qui vedi un Sole che ha tanto più spesse Note nel volto suo, che a noi rivela Ogni menda, a formare I – H – S. Se il Sole al raggio semedesmo cela Quando gli siano tali macchie immesse Privo di raggio sé medesmo svela.
294. Impresa X.
12 SetSOLE & DIO. Entro valli e in città, declivî e piani Spesso appicca il grand’Astro i suoi comburî, Poiché non solo langue tra gli Arturi, Ma latra anche ardentissimo tra i Cani. Più Soli in cielo, oltrech’ad esser vani A scaldare la terra ai dì più duri, Sarebbero un’esizie ai morituri Viventi, piante, bestie, esseri umani. Così più Dèi preposti a noi mortali Vorrebber dire più scomodi eventi: Più cristi, più peccati originali, E centinaja di comandamenti; Più vangeli, e diluvî universali; Più inferni; & relativi patimenti.
293. Impresa IX.
12 SetIL GLOBO DEL MONDO NELLA MANO DI DIO. “FATO PRVDENTIA MAIOR”. Tendi lo sguardo invano nel profondo Bujo dei dì futuri; ché, per quanto Vada lontano, non potrà pertanto Oltrepassare i limiti del mondo. Chi n’è più grande, e ne sostiene il pondo Ne vede intero il multiforme manto, Cause di gaudio, fomiti di pianto, Fato avverso, impassibile o secondo. Parte d’un gioco il cui finale è ignoto, L’uomo delle inconsulte e pena e gioja Investigar le fonti tenta a vuoto; Mentre osserva lassù, quel vecchio boja, Con quella palla in mano, assorto, immoto, Forse in attesa di crepar di noja.
292. Impresa VIII.
12 SetSFERE CELESTI CON LO ZODIACO DEI SETTE PIANETI. “DVLCIA CVM AMARIS”. Sempre da sette sfere i sette astri Sul mondo di quaggiù piovono influssi; Lo stesso astro indigenza all’uno, e lussi Concede all’altro, lì agî, e lì disastri; Abbassa così scettri, alza vincastri, E beni e mali di quaggiù inescussi Ma si mostrano a me: da ciò dedussi Inestricati i mali e i beni a incastri. Astri in ciò solo equi, e solo certi: Che in essi mai maggiore avrà abbondanza Di bene o male, d’ubertà o sconcerti; Sono armoniche sfere, alla cui danza Sempre uguali risonano i concerti, Sempre varia hanno in sé la dissonanza.
291. Impresa VII.
12 SetI PUNTI E LA LINEA. “SIC EX INSTANTIBVS, AETERNITAS”. Vedi qui due figure compartite, Una ch’è una, e l’altra che è ben molte, Simili l’una all’altra, e, insieme accolte, Ognuna a modo suo, ambo infinite. Ma una l’una appare; indefinite Parti di nulla, giustapposte e sciolte, Formano l’altra – eppure in filze folte Formano un uno, benché disunite. L’eternità è siffatta: interminato Che tomba non avrà, cui mancò culla Tempo da infinità d’istanti dato; Tutto, d’età non vecchia e non fanciulla, Se è in sé (concetto no) considerato; Se nelle parti sue, del tutto un nulla.
290. Impresa VI.
12 SetDUE SFERE IN CONTATTO PER UN PUNTO. “AMICITIA ABSQVE VIRTVTE”. Per quanto presso stiano, due sfere Mai tanto più contatto avran raggiunto Che passi quello d’uno, & d’un sol punto, Cogl’infiniti che si sanno avere. Rotolandole, non si può ottenere Mai al contatto che alcunché sia aggiunto; Son del pari fondate, giustappunto, S’un punto le amicizie non sincere. Pare una, ed è nessuna comunione D’ente che com’è detto non s’incocca, Senza spessore, e ad una dimensione. Senza Virtù, Amicizia è sol di bocca: Che sarà, se dipende da tazione, E intangibile è l’ente, qui, che tocca?
289. Impresa V.
12 SetCUBO. “SAPIENTIS ANIMVS”. L’animo del sapiente è assimilato A questo cubo, che, com’è evidente, Mano non ha su beni protendente, Capo non ha dal vano fuorviato; Dente non ha contr’altri avvelenato, Occhio non ha sui mali altrui inspiciente, Petto non ha gradasso, epa gaudente, Gambe che a liti abbiano mai portato; Temperato, sennato, compassato, Dei cinque sensi alla gran guerra vedi Com’egli forte opponga cinque e un lato; Membra non mostra; eppure (a me lo credi), Comunque vòlto sia, mosso o posato, Mai non vacilla, e resta sempre in piedi.
288. Impresa IV.
12 Set
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