219. Al Sonno.
17 NovIPNO, tiranno già, ora refrattario Anarca, & infingardo, che tra reti Capziose tra il volere mio divario Ponesti spesso, & storici, & poeti, Perché mai neghi adesso il necessario Riposo, o, dove sia, che mai Ti vieti Indurre in me & oblio, pace, & ristoro, Io non capisco, io non mi spiego, io ignoro. *** Vero è che cristallizza a me le notti In veglie raggelate ispido Arturo, Che gli occhj a me con ghiaccj non mai rotti Spalanca Inverno irrigidito & duro, E so se inane vi s’opponga, & lotti (E in specie quando esposto all’aere oscuro) L’intrinseco calore, e trovi immiti Ceppi di brine, e sbarre in stalattiti. *** Vero è che l’incombenza irta di Crono Periunt & imputantur mi deversa Contro, da quant’intorno a me vi sono Quadranti, rinfacciando la perversa Vita a me, che vaneggio, & che sragiono, In ogni ora additando un’ora persa, In ogni dì additando un giorno in meno, E in fondo al tempo vuoto un fosso pieno. *** Vero è che, nel girarsi, il diffidente Sguardo, per imprudenza ormai sottile, Non scorge un volto umano tra assai gente, Non vede gente amica in clima ostile, Non ha clima secondo in terra algente, Non trova salda terra in fogna vile, Sicché Ti teme, e ai sogni Tuoi non cede, Perché rinati da quel ch’esso vede. *** Vero è che, del passato incubo atroce, La memoria di sangue deturpata Mi garrota le notti, e con la voce D’alcuna ombra negletta strambasciata S’oppone a che abbia pace, e più feroce Si fa nell’ombra, & torva, e allucinata, Che me in tant’anni ha perseguìto tanto Che seccò il sangue al cuore, le urne al pianto. *** Vero è che la Vergogna inveterata, Che oggi arrossisce come alla prim’ora, Contro m’è volta, e con la sua annodata Sferza mi sferza, & che non mai scolora Spiega scoprendo faccia butterata, Ché è quella lue che la fa rossa ancòra (Lue che arde però meno della fretta Ch’io compia in chi la merita vendetta). *** Vero è ben tutto questo; ma se questo, Mina della mia fabbrica infiacchita, Coll’urto suo prevale, atro & funesto, Sull’anelito a conservar la vita, Dunque l’estremo limite m’appresto A valicare; & quest’ombra avvilita In cui, sono anni, affondo non disdice A un passo d’altri più non infelice. *** Ma se è vero che etern’oblio m’accoglie, Quanto a schiudersi tarda atrocemente! Dunque Tu scendi, e tocca queste spoglie Con la virtù che è Tua, pietosamente: Con la virtù che dal dolore stoglie, L’ultime volte a queste membra spente Dà conforto; & insegnami le torte Vie per cui s’entra al regno della Morte.
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