Caterina Cornaro, fatta da Venezia figlia adottiva del Senato e regina di Cipro, languendo per anni nella sua gabbia dorata, sognò sempre di governare sull’isola, ricca di canne da zucchero e serpenti, intrigando inutilmente, e con proprio grave rischio, con diversi nemici della sua patria.
Prosopopea.
Non a mia impresa, non d’Impero al dono,
Ma a te, Venezia, madre mia due volte,
Catene prima in ruggini che sciolte
Di fatto, debbo il prospettato Trono.
D’una Regina più fastosi sono
Ora gli Erarj tuoi, e a età rivolte
Prolissità inchinevoli ritolte,
Gli alti Scettri di tube aralde al suono.
Di cannamele attorte di serpenti
Mercurio invano riccamente armato
Mai m’alleviò di nuove, ahimè, i tormenti.
Io tardi disillusa del mio stato,
Tra rivolte arrischiai in tutti i frangenti
Capo da un serto, & non da te piegato.
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