CLXXXV. Aggiungo alla lista dei link ernani, vale a dire http://www.ernanet.splinder.com. Avvertenza: il blog non ha ancora cominciato ad esistere(e non comincerà, se pure comincerà, prima di qualche mese), quindi non so che cosa mi stia facendo.
CLXXXIV. Dubbii.
23 GenCLXXXIV. Nutro dei dubbii… La mia ultima decisione rende impossibile a b. intervenire su questo blog… Io sono ancora in attesa del caffè, è da allora che non ne bevo più uno… Non so nemmeno più che sapore abbia un caffè… Ammenoché non pensi bene di iscriversi e chiedere l’autorizzazione… Ma non è verosimile… Comunque poteva essere un trabocchetto, magari ho anche fatto bene a scoraggiarla… Ma che cos’altro potevo fare, per liberarmi di quell’orrida baldracca di duecentotredici/centocinquantuno?… Non c’era alternativa… Vorrei tanto un caffè, cattivo, del distributore, poco e acquoso… Poc’anzi ho fumato l’ultima sigaretta, rimasugli secchi di Old Holborn Blu, Bali Shag verde, Golden Virginia, Trinciato Forte, Van Nelle, Golden Midway e West… Ormai fumo una sigaretta ogni tre ore e mezzo… Mi sto disabituando… Mi girava la testa… Mi hanno pure fregato l’accendino, un bic blu, ho faticato a farmi accendere… Vero è che adesso come adesso mi sarebbe perfettamente inutile… Inoltre perdo colpi… Gli interventi che ho scritto finora, secondo la mia originale numerazione romana, dovrebbero essere centottantatré… escluso questo, ma splinder ne conteggia centottantaquattro… Uno in più… Devo aver sbagliato, ma dove?… Potrebbero esserci due numeri XLII come due numeri XCVIII come due numeri CII… Dovrei passarli tutti in rassegna, ma è fatica… Giorni fa (ma quando? quando?) mi hanno riferito che ‘il mio amico Franco’, cioè un signore mitissimo, ha dato una testata in faccia a un notorio rompicoglioni, peraltro ferendosi… Ho detto: "Ha sicuramente fatto benissimo", e mi hanno guardato malissimo… Non riesco ad aprire bocca e a non destare tutti i sospetti…
CLXXXIII. Novità.
21 GenDopo che ho trovato l’ennesimo commento anonimo, ho deciso di limitare l’accesso ai soli utenti splinder.
Cia’.
d.
CLXXXII. Qualunque cosa.
20 GenOh, tenere un blog non è così difficile. Scrivere non è così difficile. Avere qualcosa da dire non è così difficile. Non ci penso abbastanza, ma non c’è un modo ‘massimalista’ di tenere un blog. Dovrei scrivere e postare un saggio o un romanzo la settimana. In realtà, il blog non sopporta una gestione alternativa: non solo si possono solo riportare, con la debita (alta) frequenza caccoline e cianciafruscoli, ma ci si sente bene solo quando si riportano caccoline e superfluità. Dato che ho poco tempo, dovrei dedicarlo proprio a questo: mezz’ora al giorno di caccole da appiccicare dietro il monitor. Non è difficile. E nemmeno deve esserlo. In fondo, non sono peggio di tanti altri, no?
CLXXXI.
17 GenCLXXXI. E’ proprio il caso di dire Nascondi la tua vita ed espandi l’anima, in certi casi. Come nel caso di ieri sera, per esempio, che è stata una sera diversa dalle solite, non nel senso che sia successo chissà che, ma nel senso che un ragazzo mi ha attaccato bottone, in biblioteca, mi ha parlato di sé, ha fatto parlare me di me, indi mi ha invitato a cena. Dove (tra intercenale e dopocena) mi sono pur dovuto, alla fin fine, risolvere a raccontare per filo e per segno (grosso modo) che cosa è successo. E cioè che me ne sono andato ex-abrupto da una città, che me ne sono andato in un’altra città, dove ho vivacchiato per strada per una decina di giorni, dopodiché me ne sono venuto a Torino, dove una persona conosciuta (?) in Rete mi ha consigliato di venir lì perché forse c’era un lavoro; dopodiché, giunto a Torino, ho incontrato quella persona e poi un’altra, la quale mi ha introdotto al magico mondo dei dormitorii pubblici (a partire dal Sermig, presso cui ho dormito solo in séguito, per una notte), mi ha generosamente foraggiato per un annetto e poi basta. E adesso eccomi qui.
Alla fine di tutta la patafiacca mi ha detto, serafico: Potresti chiedere l’elemosina.
Abbisognano commenti?
CLXXX. Non c’è più la stringa che serve a mettere i titoli ai post, chissà com’è.
CLXXVIII. E niente,
14 Genc’è stata una discussione, ieri sera, ma non mette conto che la metta qui sopra perché intanto un diario di fatto ce l’ho, l’ho messo sottochiave. Anche se gli armadietti si aprono molto facilmente (comunque me lo sono portato dietro). In ogni caso ho avuto modo di dire all’aborto storpio, figlio di una storpia, figlio di una puttana storpia, a tua sorella quella mignotta sciancata, scherzo di natura, maiale rompicazzo, fatti i cazzi tuoi, le corna che tieni, schifezza, tu sei storto di dentro e di fuori. Mi sono rimasti fuori re della corte dei miracoli e, appunto, aborto. [Gli ho anche mostrato il medio]. Assai significativo il fatto che mi abbia detto (oltre a strunz, coglione, fangul, le corna che tieni, ricchio’, zoccolo’, non te le do io ti mando gli amici miei, te faccio accird) anche che minghia stai a scrivere? è inutile che stai a scrivere qui fino alle tre del mattino, non sei nisciuno, nella tua vita non ci sta niente, non hai mai fatto un cazzo di niente, va a fatica’ [le patane so’ bbone cotte], solo droga, droga — DROGATO!!! Stamattina dovevo avere una specie di colloquio di lavoro (?) con uno che si chiama Nene, e ha un’agenzia di nome "La Gunter" (nessuno mi chieda che cosa significa); costui fino a qualche mese fa era per dormitori, e adesso ha un ufficetto in via s. Domenico. Giorni fa mi ha dato appuntamento per le 13.00 qui all’informacittà, ma è venuto a vedere se c’ero alle 10.30 (come riferito dagli addetti). Stamani avevo appuntamento con lui (anche se il sabato normalmente non lavora) alle 10.00, ma non c’era né alle 10.00 né alle 10.30. Sicché me ne sono venuto qui.
CLXXVII. Ho scoperto
6 Genchi è stato, adesso mi sento un po’ più tranquillo. Niente, si tratta dello stesso individuo (in fondo non è nient’altro che logico) che ho visto aggirarsi intorno al tavolo quella sera che mi sono allontanato. E’ un ambiente in cui è difficile giustificare cose come tenere un diario, o scrivere frequentemente. Oltre al fatto che, credo, anche nel Breviario dei politici si dice che quando si viaggia, o si è in casa d’altri, o in qualunque altra situazione consimile, non è affatto consigliabile farsi vedere a scrivere. Se proprio non può farsene a meno, farlo in segreto — possibilmente senza farsi cogliere sul fatto, ciò che avrebbe il potere di destare i sospetti come non potrebbe il farsi apertamente vedere a scrivere. In effetti la tentazione di considerare mentecatti tutti i frequentatori di case di accoglienza notturna è forte; e anche quella, del tutto conseguente, di considerarli troppo paranoici per capire qualcosa. In realtà (ciò di cui non mi ero reso conto finora), la diffidenza nei confronti di chiunque tenga regolarmente un diario in un ambiente grosso modo chiuso non ha niente di anormale. Il fatto che io non avrei più problemi a convivere con un notista che ad essere tale non fa testo. Anche perché io sono un paranoico al contrario, io sono convinto che la gente mi sopporti. Mentre invece deve sopportarmi; nel senso che ci è tenuta, obbligata. Che è un altro conto.
Si tratta di uno storpio, un relitto umano, deforme dentro e fuori, in sé leccaculo e ruffiano, che tuttavia passa la quasi totalità delle serate a ringhiare contro questo e quello negli angoli. E’ molto fastidioso. Da quando c’è è onnipresente, in corridoio, davanti alla tivvù, al cesso, lo trovi dovunque, attacca bottone con chiunque, sparla di chiunque, vien voglia di soffocarlo con un cuscino, o di fargli bere una secchia di acido muriatico. Aveva sì tentato di attaccare bottone un paio di volte, nei giorni passati, ma provavo una ripugnanza così viva che non potevo, non ce la facevo a rivolgergli la parola senza farmi venire il dolore ne’ visceri. Dev’essersi risentito. La prova? E’ un paio di volte di troppo che lo sento esprimere fastidio perché scrivo — quando mi vede scrivere, ovvio. Oltreché "coglione" mi ha definito (non direttamente; ho provato, anzi, a chiedergli: "Ma cellà con me, percaso?", ma mi ha sempre risposto: "No, no, io parlavo con quest’altro…", quindi è anche meschino e vigliacco, vel cacasotto) "poliziotto", o "sbiro". Insomma, crede che lo stia tenendo sotto osservazione. Gliela do io.
Allora, si tratta, o no, di trovare un condegno contrappasso? Ripeto, l’idea di ricercare i modi e le vie di procurare un disagio/dolore quanto più possibile simile al mio mi pare ributtantissima per le ragioni già dette; non riconosco nessuna analogia tra il mio sistema nervoso e quello di questo povero (povero, in fondo; povero, sì, ma nocivo, come molte forme di vita a un bassissimo stadio evolutivo) essere inferiore. Sono tenuto, per ragioni di dignità e di rispetto verso me stesso, a non stabilire falsi paralleli, che mi avviliscono. Per cui non credo proprio sia il caso di andare a cercare quella "tortura della goccia" che mi proponeva l’operatrice. Credo di avere l’obbligo di comportarmi diversamente. Un po’ del contrappasso c’è, volendo; da una parte, il gesto, vigliacco, meschino, infame, mi ha colto di sorpresa; e anche la mia può essere vista come una sorpresa (è, di fatto, una sorpresa). Ma le analogie finiscono qui. [Ho cambiato idea, radicalmente, tra ieri mattina e ieri sera: non si tratta di stabilire alcunché su un piano di parità; si tratta di prendermi una volgarissima soddisfazione personale. Se quel coso soffre, io godo. Tutto qui].
Come ho deciso questa notte (la mia prima intenzione era quella di agire sùbito, poi ho desistito per via di un po’ di movimento, un po’ più del consueto, che c’è stato fin dopo l’una — e poi era recente una sua provocazione, io preferisco che la tempesta sia annunciata da una congrua quiete), l’idea è di entrare nella sua camera, verso le 3.00, le 4.00 — ‘sti barbonazzi soffrono tutti d’insonnia, ma a quell’ora dorme chiunque –, e, senza meno, scoprirlo, afferrarlo per i piedi, trascinarlo in corridoio e saltargli a piè pari sullo stomaco finché qualcosa (e magari anche più di qualcosa) si rompe. Una cosa semplicissima. Finirò buttato fuori, ma deve essere la cosa più plateale, più distruttiva che mi riesce.
Tutto qui.
Non vedo l’ora che arrivi stasera.
CLXXVI. Insomma…
5 GenL’esperimento (di cui non parlo nemmeno oggi), che ha anche positivi effetti collaterali nell’immediato, riparte oggi. E basta: non ne dico più niente. Ieri parlando con un’operatrice ho realizzato che con ogni probabilità è stato il gesto dispettoso di un subumano, che non si rende conto del fatto che il furto e la distruzione di un diario equivalgono ad un omicidio. Un subumano che con ogni probabilità non si rende conto di che cosa sia un omicidio, inquantoché egli è già morto, anzi, c’è nato. Mi consiglia di trovare un contrappasso adeguato: non scioglierlo nell’acido, non staccargli la testa dal collo. Meditare: qualcosa come la tortura della goccia. Un dolore che sia, per l’appunto, lungo e sottile, insidioso, in un eterno, pare, infinito crescendo. Ma la cosa mi mette molto a disagio: molto. Per me la vendetta non è un piatto che si consuma freddo. Non posso procedere con precisione chirurgica, sapendo dove andare a parare. Non sopporto l’idea di torturare a freddo quell’essere deforme e inferiore perché non sopporto l’idea che il suo dolore possa somigliare al mio. Ci ho pensato a lungo, in questi giorni. Non posso lanciargli addosso una lenta e inesorabile maledizione, perché la prima non-regola della magia nera è proprio nel porsi su una determinata linea d’onda, che porti sopra il capo della vittima, laddove, lievitando, si devono attirare le folgori del cielo. Le quali non sono una cosa così splendorosa e ramificata come sembra a dirlo così, quasi fossero dipinte sul fondale del prim’atto della Maria Tudor di Pacini. Bisogna avvelenarsi di immagini odiose, di squallore e orrore, concentrarsi bene. E’ come procurarsi ferite orrende per scalfire la vittima. Si potrà essere più imbecilli di uno stregone cattivo? Mi è mancato lo scatto ferino, la reazione a caldo — urlare e pestare i piedi, ribaltare letti e armadietti, ammollare schiaffi e somministrare scaracchi, bastemmiare e insultare, sbattere porte in rapida successione &c. . Una mancata reazione a caldo è l’altra cosa, immediatamente successiva alla presa di coscienza della scomparsa del diario, che assomigli a una morte: sono morto altre due volte nel giro di una settimana; non fa stupore che mi senta un po’ intontito.
CLXXVII.
4 Gen[Sto un po’ meditando il da farsi (dovevo, prima di scrivere, fare ordine, cioè cancellare il commento della solita anonima deficiente; ma non ci riesco, colle impostazioni del piffero di questo computer da straccioni. Sicché sono costretto a lasciarlo. Ma in fondo è innocuo. Va in pace, va in pace. A fare in culo, ovvio), e devo dire che ultimamente le idee cominciano a chiarirsi. Devo fare un esperimento. Poi torno].
CLXXVI.
3 GenCi sono di quei blogghisti la cui vita non sembra, effettivamente, più varia ed interessante della mia, in compenso hanno una facoltà mirabile a ricamare parole, spesso di suono molto suggestivo, su piccolissime cose che non dovrebbero essere scritte. Dato che dietro alle parole non c’è praticamente niente, la suggestione suggerisce solo il vuoto, che niente e nessuno potrà mai nascondere. Per questo sembrano delle lunghe, lunghissime bestemmie a voce bassissima, e molto molto strascicate.
A che cosa mi riferisco?
A niente in particolare, a molte cose lette quassù. Ma è importante?
Stamattina manderò a fare in culo chiunque.
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