LXXXVIII. Sono stato accusato, di recente, di essere uno che "sta a guardare". Non è la prima volta che mi succede, ma tutte le volte che ricàpita mi inalbero e mi sento umiliato. Essenzialmente perché se c’è una cosa di cui posso essere accusato con ragione è proprio di non stare abbastanza a guardare. Vago per le vie senza sapere il percorso che faccio (imparare il nome di qualche strada manco parlarne), corro il rischio di farmi stirare ad ogni attraversamento pedonale, dimentico facce e nomi perché guardo e ascolto distrattamente. Qui non mancano bellezze e bruttezze architettoniche, ma se qualcuno non mi ci conduce davanti per mano e non mi fa notare tutto per filo e per segno non noto nulla, non registro nulla, e magari ci passo davanti mille o duemila volte al giorno. Inciampo sui gradini, centro gli stipiti con la faccia, manco le panchine con il sedere. Mi dimentico di andare a mangiare perché non guardo l’orologio. Se mi ricordo di guardare l’orologio mangio senza guardare nel piatto: cose così. E non è nemmeno divertente. Posso assicurare che a vedermi faccio un effetto increscioso. E comunque il fatto si è che non sto abbastanza a guardare. E me ne fotto, pure.
LXXXVII. Avevo pensato,
24 Ottproprio in questi giorni, di fare cose che non ho mai fatto. Per esempio, una cosa che non ho mai fatto è andare a chiedere soldi nelle chiese — e tuttavia mi pareva poco esaltante, come prospettiva. Allora ho pensato che sarei potuto andare alla Gran Madre (dove danno un euro di fisso, niente di piu’), a Sassi una domenica (un euro e cinquantadue — nessuno mi chieda il perché, inquantoché non ce n’ho la piu’ pallida idea), alla Madonna del Pilone (dove pare diano anche cinque euri!!!), &c., fino ad accumulare gli otto euri e cinquanta necessari alla mostra di Mapplethorpe, che si svolge a Torino de ‘sti tempi. Poi ho pensato che comunque sono il solo rimasto a considerare poor pornography quella roba, che va comunque contrabandandosi per arte (tant’è vero che quelli della Margherita qui di Torino che hanno protestato perché la mostra non è vietata ai minori stanno facendo una pessima figura). E poi ho visto qualche foto in Rete, e francamente trovo che andare a chiedere soldi nelle chiese sia già abbastanza lugubre per suo conto, senza nessun bisogno di aggravare la situazione.
LXXXVI. Diana Cataldo 2.
24 OttLXXXVI. Ossia la Diana Cataldo qui nominata:
www.filosofia.unina.it/dimarco/corso2001-02.htm,
che almeno qualcosa con Nietzsche dovrebbe aver che fare, si direbbe.
LXXXV. Diana Cataldo.
24 OttLXXXV. Finalmente rifunge. (Avevo dfficoltà a postare messaggi, prima, o come kacchio si dice).
Da una rapida ricerca in Rete non è dato sapere molto di Diana Cataldo. Potrebbe essere un addetto stampa dell’ufficio del turismo (?) irpino come una socia del Golf Club di Belleville.
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