ma non genericamente: si tratta di http://www.endecasillabi.splinder.com, e parla di endecasillabi atonali, una concezione di Raboni che prende ispirazione, più che dalla musica atonale, mi pare, dalle suggestioni altamente tecnicistiche di quel modo di concepire la musica. Tradizionalmente, un endecasillabo era considerato un endecasillabo quando prevedeva che gli accenti cadessero in un certo numero di posizioni — nuovamente, non si tratta di ‘rispetto delle regole, qualunque principio esse servano a sostenere e difendere’, ma di risultati, esteticamente, fonicamente, più aggradevoli che sono stati osservati, definiti e, se si vuole, codificati. Poi, ovviamente, Dante, il Pulci, il Campanella e altri sono pieni di endecasillabi irregolari. Per esempio, molti endecasillabi del Pulci, dal suono piuttosto incerto, sono 1 sillaba + 1 decasillabo.
Altro, ovviamente, è scegliere di scrivere in endecasillabi "atonali": l’operazione è cosciente. Non so che cosa dirne, personalmente, forse perché sono troppo dentro la versificazione (non conosco altri modi per ‘accostarmi’ alla poesia — posto che la poesia mi riguardi –; credo di essere una ciofeca anche come lettore di poesia) per potermi distaccare criticamente. La fitta e minuta (anche come carattere) spiega, estremamente chiara, dice tutto, ma, se non mi è sfuggito qualcosa, non dice come mai, oltreché atonali (e in quelle fogge & maniere), i versi debbano (?) anche essere così fortemente enjambés.
Esprimi pure (prego) la Tua garbata opinione!