CCXXXIX. Ennesimo fiero annuncio. Grazie alla gentile donazione di un’anziana coppia (e anche un bel po’ rincoglionita, a quanto pare dai titoli propinati), adesso c’è almeno un dormitorio nella mia vita che può vantare una sorta di biblioteca. Un’accozzaglia di testi esoterici, new age e manuali della buona morte, più un grazioso Almanacco universale delle cose strane e misteriose che mi sono preso per me, e una biografia del figlio bastardo e omosessuale di Carlo Emanuele I (che non sembra il massimo della vita, ma è pur sempre Seicento, e quindi me lo sono preso); in più, biografie di Eva Duarte in Peròn, il Casanova di quel pirla amico di Montanelli, come si chiama?, ah, sì: Gervaso, e altre cacate. Più La rabbia e l’orgoglio e La forza della ragione, e Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci, tutti e tre ovviamente della Fallaci. Credo ce ne fosse un quarto, venduto anche in prezioso cofanetto dalla Rizzoli quando queste merdate erano una novità, solo che l’anziana coppia dev’essersi rotta i corbelli alla terza puntata. Ovvio che mi sono buttato sui tre orrori, essendo quel tipo di cose che non si richiedono, né in biblioteca né in libreria, ma che è bene càpitino tra mano così, per caso. Quasi imposti. La rabbia e l’orgoglio non era proprio una novità, dal momento che avevo letto il paginone del Corsera che conteneva sostanzialmente lo stesso testo, appena scorciato. Comunque sia, il libro non aggiunge nulla di significativo. Non perché abbia fatto un’analisi comparata, ma perché non contiene niente, in sé, di significativo. Quindi non può avere nulla di più o meno significativo della versione precedente, che comunque nel frattempo avevo abbondantemente dimenticato. Sia ben chiaro che, essendo passato già qualche giorno, mi sono dimenticato anche di questa versione in volume, quindi non posso parlarne. Anzi, no: posso, come di certi sogni, fare qualche sforzo per evocare l’impressione generale che mi ha lasciato. Pena, molta pena. Poi c’è La forza della ragione, che è quasi recente perché è del 2004. E’ un libro di 300 pagine. Tra l’ultimo risguardo e la copertina, l’anziana coppia (come ha fatto per molti degli altri libri donati, ed è una bella abitudine, direi) ha inserito via via svariati ritagli di giornale riguardanti l’autrice e il libro. A parte un agghiacciante servizio fotografico degli anni Sessanta, in cui la Fallaci si fa ritrarre in svariate pose sado-soft ("Te lo do io il Viettenàm") nello splendido cascinale paterno (nel Chianti), e a parte un articolo della Stampa che dimostra come la Fallaci si sia inventata un sacco di puttanate a proposito della popolazione islamica di Carmagnola (ma perché se l’è presa con Carmagnola, proprio?), ci sono anche due robusti articoli di Fiamma Nirenstein, che credevo un donnino tutto sommato intelligente (ma è passata tant’acqua sotto i ponti da quando seguivo l’informazione con passabile regolarità), e che invece ora scopro sì sfumatamente, sì moderatamente, ma pur seriamente fallaciana. Ora, la Nirenstein è ebrea; è specializzata da quant’ha nei reportages e nell’informazione da Israele. Ora, la Fallaci fu, in séguito a La rabbia e l’orgoglio, deferita a qualche tribunale svizzero per razzismo, poi la cosa purtroppo decadde per vizio di forma. Ora, tra i denunciatarii non c’era solo un’organizzazione islamica, ma anche una ebraica (il cui acronimo suona Licra). Ne La forza della ragione la Fallaci piàngola che gli ebrei con lei hanno fatto come quei banchieri che per salvarsi prestavano soldi a Hitler; & ha ribadito che ha fatto la Resistenza, lei e pure suo padre (quello che andò in esilio in cascina, nel Chianti, dove lei si fece fotografare negli anni Sessanta in pose lusinghienti e promettiere). Io sono contento che gli ebrei di quell’associazione si siano costituiti parte civile, o l’abbiano denunciata congiuntamente agli islamici. Anche se i suoi libri fanno più gemere che fremere. Nella Forza della ragione, che la Nirenstein esalta come molto enciclopedico ma al contempo assai analitico, e che ovviamente è un trionfo del delirio e dell’arteriosclerosi, ci si riferisce anche alla Guzzanti, definita "un’oca crudele" — immagine che evoca abbastanza insulsamente un palmipede con la dentiera di dracula, ma tant’è. Le colpe della Guzzanti sarebbero state (1) quella di arrivare indossando un casco da militare, chiaro riferimento sfottitorio ai trascorsi indocinesi della Fallaci; (2) quella di essersi riferita al cancro della Fallaci in termini ridanciani. Mi sono documentato (non tramite i ritagli lasciati dall’anziana coppia, tra quelli non c’era niente che ne parlasse), pare che la Guzzanti sia arrivata al Forum così ben travestita da essere scambiata proprio per la Fallaci. E che, mentre performava, qualcuno le abbia gridato: Ti venisse un cancro!; al che lei ha risposto, di riflesso (irriflessamente): Ce l’ho già! Due prove incontrovertibili di una sconvolgente capacità di immedesimazione. Che poi la Fallaci ne sia rimasta tutt’altro che entusiasta so’ cazzi sua.
Comunque c’è da essere contenti che questa spazzatura, nel giro di non troppo tempo, sia diventata finalmente così obsoleta. Credo di essere l’ultimo lettore dei libelli della Fallaci sulla faccia della terra.
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